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OneDay Post-it

A cura di OneDay

Piccole news ad alto impatto raccontate da OneDay Group! Dagli approfondimenti sull'ecommerce, passando per le novità dal mondo della comunicazione, fino ai temi che riguardano le nuove generazioni. Post-it è uno spazio di condivisione perchè è grazie alla contaminazione che nascono idee innovative e non convenzionali!

05/04/2023
di Claudio Morelli, Editor in Chief di Chef in Camicia

Le sfide di una redazione moderna, tra intelligenze umane e artificiali

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Quella del giornalismo è un’attività antica. Le redazioni cambiano ma il loro ruolo è sempre lo stesso: ricercare, raccogliere, elaborare e diffondere le notizie. Una notizia è rilevante se aggiunge qualcosa alla conoscenza pubblica o tratta un argomento attraverso un nuovo punto di vista. E questo è il presupposto per iniziare a costruire una redazione, ovvero un luogo di persone in grado di svolgere nel modo migliore questo compito.

Una delle maggiori rivoluzioni avvenute negli anni in questo campo, come in altri, è quella tecnologica. Prima di tutto i giornali si stampavano e basta, poi è arrivata la radio, poi la televisione, nel frattempo continuavamo a stampare e poi è arrivato internet, che affermandosi ha ridotto l’inchiostro e riempito gli schermi dei personal computer prima e degli smartphone dopo.

Una delle tappe più importanti di questa linea del tempo è dettata dall’avvento dei nuovi media digitali. Luoghi virtuali di connessione, network sociali, che hanno preso il posto delle edicole o, addirittura, degli editori. Quando iniziarono i giornali era “il web 0.5” come lo ha definito Vittorio Zambardino, fondatore di Repubblica.it, in un’intervista dedicata ai vent’anni dell’edizione online del giornale. Il quotidiano romano atterrò sul web nel 1997. Da allora l’informazione correva attraverso wi-fi, fibre ottiche e 5g a una velocità esponenziale e sorretta da una domanda in aumento, una vera e propria “fame” di contenuto (non a caso le bacheche dei social dove ci vengono proposti i contenuti vengono definite “feed”, luoghi dove video, foto e articoli ci vengono dati in pasto). Contenuti non più ripostati, contenuti “nativi” ovvero pensati e realizzati per le diverse piattaforme e distribuiti su di esse. Contenuti social based e media social based.

La redazione moderna

Il concetto di modernità può essere pieno di sfaccettature. Eppure è chiaro che essa ha a che fare con il fatto di essere vicina al tempo presente. Se, come abbiamo detto, il galoppo tecnologico ha dettato il passo del cambiamento, non per questo una redazione moderna può definirsi tale se va di pari passo con nuovi congegni e nuove scoperte. È un caso quello di Monocle, media company britannica, fondata dal genio di Tyler Brûlé, che non ha nemmeno un profilo Instagram. Eppure il suo “modello di business”, costruito su un misto di vendita di riviste, libri, abbonamenti, negozi, merchandising ed eventi, è una referenza per gli editori di tutto il mondo. Per non parlare del successo delle newsletter, strumento di un internet ormai antico che però hanno trovato, grazie al potenziamento dato dai social, una nuova linfa.

Costruire una redazione moderna significa, prima di ogni altra cosa, costruire un luogo al passo con la messa in opera di una strategia editoriale, sia essa fatta di reel e carousel, sia essa fatta di pagine ciclostilate. E visto che il digital la fa da padrone, le nuove “stanze delle notizie” (quantomeno le più lungimiranti) hanno cominciato a differenziare le richiesta di hiring ai propri editori. Sul New York Times, ormai già da qualche anno, nella sezione work with us appaiono annunci per developer, ux designer, data analyst e altri ruoli che nel passato hanno avuto molte più affinità con il mondo dell’ingegneria che con quello del giornalismo.

Sembra scontato ma in un paese in cui alcuni giornalisti ancora contraggono la muscolatura facciale quando devono “scrivere sul web”, o dove nei quotidiani esistono ancora le “redazioni online”, allora proprio scontato non è. Uno dei presupposti dei media di nuova generazione, siano essi testate, luoghi di intrattenimento o di educazione, è stato quello di costruire dei team trasversali in grado di gestire con una mano il contenuto (il re) e con l’altra la distribuzione (la regina). Un po’ come quando le testate hanno cominciato a richiedere articoli scritti in “ottica seo” (il che può generare anche pezzi fantozziani, trovabilissimi su Google, ma che poi non dicono nulla). La produzione viene pensata per ottenere il massimo dalla distribuzione. È un cambio di prospettiva che mette al centro il contenuto che vive storie diverse a seconda della sua rielaborazione, dedicata ai diversi canali distributivi.

In questo ecosistema hanno peso figure di diversa estrazione, tasselli di un ingranaggio, di una macchina produttiva che mette al centro il mezzo, conferendogli identità. Un’identità e una rilevanza appetitosa per i brand che decidono di investire sulle media company alla ricerca di un branded content sempre più organico e che, ormai da anni, sta cambiando l’approccio agli investimenti pubblicitari.

Intelligenze umane

Il Garante della Privacy ha da poco bloccato, per gli utenti italiani, il software di intelligenza artificiale Chat GPT, sviluppato dalla statunitense OpenAI. Senza entrare nel merito della decisione alla quale seguiranno di certo numerose evoluzioni, non c’è dubbio che quello dell’intelligenza artificiale sia un argomento “in trend”, soprattutto per quanto riguarda il mondo dei media. Di certo la diffusione orizzontale di certe tecnologie genera sentimenti contrastanti. C’è chi lo vede come un mero strumento, c’è chi lo ritiene un sostituto quasi-umano, anche tra giornalisti e operatori dell’informazione.

In questo clima di dubbio, almeno per adesso, è sicuramente vero che una redazione, a prescindere dalla sua strategia, costruisce il suo successo attraverso una buona pratica di selezione del personale. Le aziende, anche quelle editoriali, sono fatte di persone e la sfida della redazione moderna sarà vinta da chi riuscirà a costruire squadre al passo coi tempi e creare ambienti di lavoro sani. Mettere insieme il raggiungimento degli obiettivi, lo spirito di squadra e il morale del team è la vera posta in palio. Quale dibattito è più contemporaneo se non quello sul come affrontiamo il lavoro? Lo ha toccato Claudio Cerasa sul Foglio del 28 marzo, commentando una temporanea condizione della sua redazione, costretta a lavorare tutta da remoto a seguito di un cambio di sede. Lo aveva già fatto Gianluca Cozzolino, fondatore di Ciaopeople, elogiando il lavoro in ufficio e Paolo De Nadai che ha rilasciato numerose interviste sulla politica di OneDay (gruppo di cui fa parte Chef in Camicia, per il quale lavora il sottoscritto, ndr) che prevede ferie e smart working autogestiti. In questo clima di cambiamento non è un caso che le innovazioni tecnologiche siano viste talvolta con favore e speranza, altre volte con ostilità. Del resto anche Eugenio Scalfari, quando vide il primo prototipo di Repubblica.it chiosò scherzando: “Vabbè, siamo disoccupati”.

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