Stefano Leccese Renzetti, VP of Sales per l’Italia di Adlook
Il targeting basato su età, genere e stato familiare, da anni punto fermo nella pianificazione media, mostra segnali di forte inaffidabilità. È quanto emerge dalla ricerca “L’inaffidabilità dei dati socio-demografici”, condotta da Adlook su oltre 150.000 impression pubblicitarie e convalidate tramite sondaggi diretti sugli utenti.
Secondo i dati raccolti, oltre il 35% degli utenti è stato classificato contemporaneamente come uomo e donna, mentre più del 55% è stato inserito in fasce d’età contraddittorie. Alcuni utenti con meno di 34 anni, ad esempio, sono stati associati a segmenti over 55.
L’origine dell’errore risiede in gran parte nel metodo stesso di raccolta dati: “La maggior parte dei dati demografici non è dichiarata dagli utenti, ma dedotta da algoritmi. Si tratta di stime basate sul comportamento online, spesso imprecise”, spiega Adlook.
Uno degli aspetti più critici riguarda la bassa affidabilità del targeting avanzato: le campagne rivolte a “donne tra i 18 e i 24 anni con figli” hanno raggiunto solo il 18% di accuratezza, un risultato inferiore a quello che si otterrebbe con una selezione casuale del pubblico.
Per validare i dati, Adlook ha svolto una seconda fase di ricerca, confrontando i profili generati tramite cookie con le risposte di un campione di utenti statunitensi. I risultati hanno confermato un’elevata discrepanza tra i dati assegnati dagli algoritmi e quelli reali:
- Il 47% degli utenti classificati come donne si è identificato come uomo;
- Il 50% dei profili assegnati a uomini era in realtà composto da donne;
- Il 67% degli utenti identificati come genitori non aveva figli;
- Il 76% di quelli etichettati come sposati era single;
- Il 60% degli over 45 era in realtà nella fascia 18-44;
- Il 40% dei presunti proprietari di casa era in affitto;
- Il 67% di coloro assegnati alla categoria “istruzione secondaria” aveva un’istruzione superiore.
In tutte le categorie analizzate (età, istruzione, stato civile), il tasso di errore ha superato il 50%. In sintesi, il targeting demografico risulta meno preciso di una selezione casuale, con un’accuratezza del 48% nella fascia 18-34, che sale al 62% quando non si usano parametri socio-demografici.
Verso un nuovo modello
Per Adlook, i risultati dello studio evidenziano la necessità di ripensare le logiche di segmentazione. La proposta è orientarsi su tre direttrici: osservazione dei comportamenti reali, rilevanza contestuale e utilizzo di segnali basati sul consenso, in un’ottica di rispetto della privacy.
“Il nostro obiettivo è raggiungere la persona giusta, con il messaggio giusto, nel momento giusto. Ma se i segmenti di pubblico sono sbagliati, tutta la catena – creatività, media planning, misurazione – rischia di essere compromessa”, afferma Stefano Leccese Renzetti, VP of Sales per l’Italia di Adlook.
Secondo Leccese Renzetti, non si tratta di abbandonare il concetto di target, ma di superare le categorie statiche, a favore di approcci più dinamici e aderenti al comportamento reale degli utenti: “Le etichette come ‘Millennials mamme’ non riflettono più la complessità delle persone”.
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La ricerca, realizzata negli Stati Uniti su diversi gruppi target (18-24 / 25-34 / 35-44 / 45-54 / over 55), si è articolata in due fasi: una prima verifica delle sovrapposizioni nei segmenti socio-demografici e una successiva analisi della corrispondenza tra dati assegnati e informazioni dichiarate dagli utenti. Il metodo ha permesso di isolare i bias algoritmici e di offrire metriche affidabili sull’efficacia reale del targeting.
In un contesto digitale sempre più attento alla privacy, con identità online frammentate e in continua evoluzione, il report di Adlook invita il settore a riflettere su quanto siano ancora attuali le metriche di segmentazione tradizionale e a esplorare soluzioni più aderenti alla realtà dei consumatori.