Scriveva Seth Godin: “Per fare breccia nei confronti della maggioranza occorre puntare a raggiungere non il vasto mercato, bensì la nicchia”.
Nell’era della digital trasformation crolla la logica del vendere tutto a tutti, in favore di strategie mirate che mettono al centro il cliente.
In passato, le aziende potevano permettersi il lusso di ipotizzare chi fosse seduto dall’altro lato dello schermo di un qualsiasi device o dietro la vetrina di uno store. Oggi non è più possibile.
È il cliente il perno sul quale ruota ogni strategia di marketing. È lui che cerca un prodotto o servizio e che, potenzialmente, sarà spinto ad acquistarlo. È per lui che va costruito un messaggio, un post, un contenuto che lo riconosca come persona di una certa età, sesso, istruzione scolastica, modelli di acquisto ma, soprattutto, intenzioni.
Il contributo dei moderni sistemi di intelligenza artificiale
La mole di informazioni a disposizione per poter conoscere a 360° i nostri utenti e lavorare in maniera mirata su quelli di nostro interesse è immensa. Impossibile riuscire ad elaborarli tutti avvalendosi della mente umana. Persino i soli dati di traffico Google Analytics da soli sono insufficienti.
Per fortuna, oggi abbiamo a disposizione
modelli di intelligenza artificiale in grado di riconoscere l’utente, analizzare il suo percorso prima di atterrare sul sito (con quale device è collegato, quale browser sta utilizzando, da quale canale di acquisizione arriva, etc…) e dopo (pagine visualizzate, tempo di permanenza su ognuna, touchpoint compilati, etc…), dotandoci di tutte le risposte che ci servono per
pianificare una strategia editoriale efficace.
Le potenzialità della segmentazione
Il contenuto generalizzato non funziona più. Complessi algoritmi di AI ci consentono di
segmentare il nostro target e costruire per lui messaggi personalizzati, in base alle sue aspettativeSe consideriamo come due varianti di riferimento la
formazione e i
mezzi economici dei quali gode ogni singolo utente, possiamo individuare
4 segmenti di target:
Gadget: “
Mi interessa acquistare il prodotto se comprende anche un’offerta, gadget in omaggio”.
È proprio a questo segmento di target che
Esselunga ha deciso di puntare, soprattutto negli ultimi anni. Grazie ad un’azzeccatissima strategia di marketing, il leader della GDO ha deciso di accompagnare la sua offerta con la raccolta di piccoli pupazzetti rotolanti – i famosi
Rollinz - che, non solo sono riusciti a conquistare clienti di tutte le età, ma hanno largamente contribuito a portare all’interno degli store nuovi clienti.
Quality: “
Sono interessato alla qualità del prodotto e lo acquisto anche se ha un costo alto”.
Per l’appassionato di auto, è
BMW il marchio che incarna eleganza, eccellenza, ma soprattutto alta qualità dei materiali che utilizza e attenzione al comfort dei propri clienti. Punti di forza che la casa bavarese non dimentica mai di sottolineare nella sua comunicazione rivolta ad un target molto più attento alla qualità che al prezzo.
Price: “
Sono interessato al prodotto perché è economico”.
Il fattore prezzo è certamente l’arma vincente del brand
H&M, il più grande rappresentante del fast fashion mondiale. La sua offerta è indirizzata in particolar modo al segmento
Price, al quale appartengono clienti che vogliono spendere poco per vestirsi bene e in modo sempre diverso.
Luxe: “
Sono interessato al prodotto perché è di fascia alta, che ben si addice al mio status symbol”.
Questo il segmento di target più gettonato per
Apple, soprattutto quando si tratta di pubblicizzare l’Iphone. Dati alla mano ci dicono che i più informati di tecnologia sono orientati all’acquisto di uno smartphone Android, mentre il popolo iOS ha un reddito più alto e sceglie l’Iphone per l’eccellenza del prodotto, per l’assistenza post vendita, ma soprattutto perché capace di marcare uno status symbol più alto.
Una rotta a lungo termine
Da qui, il passo per intraprendere strategie mirate ed efficaci è davvero breve.
Elaborando i dati derivati da una simile segmentazione possiamo finalmente decidere di sviluppare dei contenuti pensati per uno specifico segmento (quello di nostro interesse o che converte di più), analizzare quale tra i contenuti proposti sia il più efficiente o quale sia il touchpoint più adatto al raggiungimento del nostro obiettivo.
Non si tratta più di
pianificare un piano editoriale sulla base dell’obiettivo da raggiungere e dei trend di ricerca degli utenti – non solo questo, almeno - ma sulla base di valutazioni a priori che permettono di raggiungere i risultati, ma sempre seguendo una rotta a lungo termine che potrà (dovrà) essere costantemente ottimizzata.
Col passare del tempo, infatti, potremo renderci conto che il
conversion rate si è spostato verso un segmento di target diverso rispetto al quale stavamo puntando, oppure potrebbe essere cambiato l’obiettivo da raggiungere. Bisogna quindi essere pronti a tarare il tiro, produrre nuovi contenuti, studiare nuovi touchpoint ingaggianti, in un’ottica di
miglioramento continuo.