La diffusione globale del Covid-19 in poco più di un mese ha avuto un impatto senza precedenti, costringendoci a mutare velocemente abitudini e stili di vita.
All’iniziale fase di incredulità e confusione, analogamente a quanto già accaduto in Cina, sono seguite fasi di aggiustamento e acclimatamento, guidate dal pragmatismo utile alla ricostruzione di routine alternative. In
un paese purtroppo fra i primi e più colpiti, abbiamo anche sperimentato una progressiva tensione, connessa alla percezione dell’impatto economico del lock-down.
In tale incertezza, comportamenti e percezioni degli individui hanno subito adattamenti, con un impatto a catena sui consolidati modelli di business delle aziende. Anche il contesto della comunicazione ha registrato importanti variazioni: maggiore esposizione ai media e costante connessione a social e app di messaggistica sono solo la punta dell’iceberg.
Molti cambiamenti, ma qualcosa resta
Ciò che tuttavia non è cambiato rispetto a quanto già in atto prima dell’epidemia, è che i consumatori si aspettano che i brand empatizzino con i loro bisogni ed emozioni.
Da un’analisi Ipsos condotta negli USA emerge che sette intervistati su dieci ritengono che le aziende abbiano la responsabilità sociale di offrire aiuto durante l’emergenza e di essere interessati a capire dai brand come superare la crisi (
Sources: Ipsos Polls: March 20, amongst 999 Adults in the USA).
Si desidera inoltre che la pubblicità faccia sentire sicuri (o che rappresenti la normalità) e che insceni positività, declinata anche (ma non solo!) in messaggi di conforto e rassicurazione.
Evidenze simili si registrano anche in Italia, con
il 64% degli intervistati che ritiene che i brand dovrebbero adattare la propria comunicazione al contesto attuale (
Sources: April 2020 amongst 1000 Adults in Italy).
Se già sapevamo che le persone accolgono positivamente le azioni di marketing che contribuiscono attivamente ad un purpose, questo risulta particolarmente vero in questo momento di crisi, in cui
le persone si aspettano dalle aziende sia un aiuto nella quotidianità, sia una prospettiva su come lavoreranno per costruire un sentiero migliore per il futuro.
In un contesto così incerto e in continua evoluzione, un grande interrogativo si pone dunque alle aziende: come andare incontro a queste aspettative e contestualmente beneficiare dell’aiuto dato?
Perdere di rilevanza rimanendo silenti o comunicare rischiando di perdere il corretto insight sono entrambi pericoli concreti. In un mondo che al momento è incollato a tv e social, il modo in cui si comunica diventa più che mai cruciale:
la creatività deve perseguire un delicato equilibrio per essere vicino ai consumatori senza apparire opportunista. E dal momento che la valutazione della comunicazione dipende in buona parte dal contesto in cui viene ricevuta, verificarne le fondamenta è di primaria importanza. Per quanto infatti vi sia di fondo una ricerca della normalità,
i consumatori tendono a interpretare vecchie e nuove comunicazioni alla luce del contesto mutato. Ciò che fino a ieri poteva essere un gioco ironico, può ora sfociare nel fastidio e nella mancanza di tatto.
Quali quindi le linee guida da seguire?
• Sii autentico e fedele a ciò che il brand rappresenta
• Assicurati di agire e fare, addirittura prima ancora di comunicarlo
• Trova la storia giusta e scegli il tono corretto: la verifica con il consumatore delle modalità di comunicazione è oggi - più che in qualsiasi altro momento - rilevante
• Sfrutta campagne multi touchpoint per garantire che i messaggi giusti arrivino alle persone quando sono più ricettive.
Questo certamente richiederà coraggio nel breve termine, ma è ciò che può anche gettare le basi per una ripresa nel medio periodo. E questo inoltre è ciò che le persone si aspettano dai brand, qualcosa che li aiuti a sentire una forma di normalità nelle proprie vite e che generi positività nella nuova routine.
Per scoprire di più a proposito dei segnali e delle dinamiche in atto, Ipsos ha organizzato otto webinair. Il
16 aprile sarà dedicato alla comunicazione con “
Comunicare all’epoca del Coronavirus: qualche risposta ai dilemmi delle marche” a cura di
Francesca Nardin.
Per maggiori informazioni visitare questo link.