Siamo oramai nel pieno della Fase 2, addentrandoci e misurandoci realmente con la tanto discussa nuova normalità. Ma è davvero così?
Secondo i dati dell’Osservatorio Civic Brands, il progetto editoriale che mira a indagare e raccontare l’impegno sociale delle aziende e brand curato da Ipsos e Paolo Iabichino, se da un lato aumenta il numero di italiani che vedono il peggio della crisi alle proprie spalle (31%), in realtà solamente una piccola parte di essi si sente già “atterrato” in una nuova normalità (7%). La maggioranza delle persone (59%) sta ancora reagendo giorno per giorno all’evolversi della situazione, trovando nuove abitudini.
Restiamo preoccupati per la nostra salute (39%), per le persone più fragili (43%), per la nostra condizione economica (30%) e, in generale, che nulla sarà più come prima (40%).
Certo, allo stesso tempo abbiamo voglia di tornare alla vita di sempre (36%) e speranzosi di vedere come cambierà il mondo da un punto di vista ambientale (27%).
E le marche? Che ruolo hanno o dovranno avere in questo contesto in continua evoluzione? Se durante il periodo più duro della pandemia, le persone chiedevano ai brand vicinanza, empatia e sostegno, e il centro dei racconti di marca aveva senso fosse centrato sull’emergenza Covid, ora alle marche è richiesto un passo evolutivo, attraverso azioni e racconti che ci accompagnino verso il ritorno alla normalità, vecchia o nuova che sia.
In generale c’è anche richiesta di tornare a registri e toni di comunicazione normali. Una ricerca Ipsos condotta in US, il 70% delle persone desidera sentire cosa brand e aziende hanno da offrire.
La sostenibilità resta un tema centrale: il 51% degli italiani ritiene che una marca o un’azienda che oggi non agisce concretamente in tema di sostenibilità ambientale non può avere futuro.
È arrivato il momento per marche e aziende di ritornare a centrare il proprio focus sulla propria storia, i propri valori e il proprio impegno sociale, anche attraverso l’esposizione dei propri manager e imprenditori, che per il 53% degli italiani hanno la responsabilità di far sapere al pubblico come la pensano e come intendono agire in ambito sociale, culturale e politico.
Magari mettendo finalmente il tema Covid, le sue retoriche e liturgie, in secondo piano.