I brand emergenti e non, utilizzano sempre di più il sesso come chiave per potersi avvicinare ai consumatori. Oggi, infatti, nelle campagna pubblicitarie si ritorna su un vecchio proverbio che recita ”il sesso vende”, portando l’argomento lussuria ad un livello del tutto inedito.
Il porno è cambiato negli ultimi anni, soprattutto perché le modalità di fruizione si sono evolute. Le persone sono continuamente esposte a questa tipologia di contenuti sul web. Il punto di vista sociale sul tema sembra essere cambiato: è diventato non solo uno strumento di persuasione nel campo della moda.
Ma andiamo con ordine cercando di ripercorrere i momenti più importanti di questo filone.
Il marketing "erotico" di American Apparel
Tra i pionieri nel campo della moda c’è senza dubbio American Apparel che grazie alle sue provocazioni e all'inconfondibile tocco irriverente ha sempre comunicato il concetto dell’erotismo in una chiave moderna.
Diventato celebre per le sue campagne ad alto contenuto sessuale, American Apparel ha sempre puntato su
codici comunicativi e slogan spudorati, oltre i classici schemi, provocando e suscitando anche parecchi scandali. Ci ricordiamo tutti delle campagne a favore degli omosessuali (“
Legalize Gay”) e quelle in cui venivano pubblicizzati casting aperti a modelli transgender, ancor prima che diventasse un fenomeno mainstream.
L'erotismo, da Guy Bourdin a Tom Ford
Dopo il boom economico, negli anni ’60 (uno dei periodi più fiorenti per la pubblicità)
Guy Bourdin inaugura l’epoca delle campagne erotiche nel mondo del fashion. Il fotografo lavora per Charles Jourdan e Roland Pierre o per magazine del calibro di
Vogue Paris e
Harper's Bazaar, dove attraverso corpi nudi esplorava il concetto di voyeurismo. Immagini giunte agli albori della rivoluzione sessuale, che sfidavano le tradizionali idee di sesso, genere e pornografia.
Poi arrivano gli anni '80. Sulla cresta dell’onda,
Calvin Klein. La firma punta a stuzzicare l'eros per vendere jeans, magliette e profumi. I suoi annunci estremamente sensuali, diventati iconici, ritraevano schiere di giovani seminudi che pubblicizzavano i suoi prodotti. Mentre all’alba del nuovo millennio
Tom Ford sposta ulteriormente il confine del “politicamente corretto” nelle campagne d'alta moda realizzate per Gucci, Yves Saint Laurent e per il brand che porta il suo nome.
Tra le immagini più controverse c’è quella del modello intento a sfilare l'intimo di Carmen Kass per mostrare la "G" di Gucci.
Playboy: naked is normal
“
Naked is normal” ha dichiarato
Playboy, la rivista che del nudo ha fatto il suo fattore di successo.
Nel 2016 il fondatore
Hugh Hefner annunciò di bandire le “conigliette” senza veli dalle copertine della rivista, con l’obiettivo di contrastare le immagini delle modelle nude sdoganate dal web e aumentare così le vendite. Obiettivo fallito. Dopo un anno il magazine ritorna all’identità primordiale reclamando le sue origini con un restyling: le pin-up senza veli riappaiono in prima pagina, ma con un mood più acqua e sapone.
La campagna sul sesso spinto di Eckhaus Latta e il brand No Sesso
Ad affrontare l’argomento c’è anche la
campagna sul sesso spinto di Eckhaus Latta. Per presentare la collezione Primavera Estate 17 il marchio ha mostrato persone reali che fanno sesso. Le diverse coppie, sia etero che omosessuali, sono state immortalate nei loro momenti più intimi con dettagli nascosti da zone pixelate. La campagna presentava un messaggio positivo sul sesso al giovane pubblico del marchio.
E dopo così tanto sesso assistiamo alla
rinascita del genderless. Via di brand che puntano tutto sulla fluidità.
Nasce da quest’idea il brand No Sesso: le persone spesso chiedono all'artista e designer
Pierre Davis come indossare gli abiti intricati, in gran parte fatti a mano, che realizza per la sua linea. Nato a Los Angeles il brand sfida le idee tradizionali del vestire, con una filosofia di base nota alle cronache sia per il design che per la sua politica no sex/gender. Legati, cuciti o delicatamente ricamati, i capi unisex di No Sesso sembrano essere in continua evoluzione.
Manuela Ilari