Le ricerche sui mezzi ancora oggi spesso distinguono tra mezzi digitali e non, collocando da un lato la TV, la radio, il cinema, la stampa e l’outdoor e dall’altro desktop, smartphone e tablet. Sono d’altronde ancora ricorrenti i confronti tra “online” e “offline” quando si vanno a valutare gli investimenti pubblicitari, le distribuzioni delle audience o l’efficacia delle attività di comunicazione.
Questo schema di classificazione comincia però a sentire il peso degli anni, perché se è indiscutibile che la tecnologia digitale sia nata con il desktop propagandosi successivamente ai device mobili, oggi diventa sempre più difficile tracciare linee di demarcazione nette tra ciò che è digitale e ciò che non lo è.
Pensiamo alla comunicazione esterna, fino a pochi anni fa realizzata esclusivamente tramite materiali cartacei o plastici che venivano esposti per periodi di durata prefissata, tipicamente legati alle ‘quattordicine’ presenti nella politica commerciale delle concessionarie di spazi. Da alcuni anni il mezzo OOH ha conosciuto una radicale innovazione legata alla digitalizzazione degli impianti: una parte dei tabelloni tradizionali è stata sostituita da schermi digitali, connessi alla rete, su cui è possibile erogare creatività statiche o dinamiche in totale flessibilità, scegliendo solo determinate fasce orarie, giorni della settimana, condizioni metereologiche o altre variabili di contesto. Ad oggi il valore della componente ‘digital’ è pari a circa il 20% del totale mercato Out of Home (secondo le stime del Politecnico di Milano) e la presenza sul territorio di tali soluzioni è andata crescendo negli anni anche in termini di varietà dell’offerta: oggi gli inserzionisti e le agenzie dispongono di impianti digital out of home collocati nei centri cittadini, nelle stazioni ferroviarie, nelle metropolitane, negli aeroporti, nei centri commerciali, nelle aree di servizio autostradali e nelle farmacie. Grazie a questa capillarità la copertura rispetto al territorio italiano e alla popolazione è quindi assicurata e l’utilizzo di queste soluzioni può efficacemente integrarsi in un piano tradizionale con obiettivi non esclusivamente legati alla copertura di determinate aree. Ciò non esclude che, avendo la possibilità di configurare dinamicamente i messaggi e la creatività, si possa attivare la DOOH anche in una logica di presidio tattico territoriale, ad esempio comunicando le promozioni di volta in volta attive nel più vicino punto vendita. Infine, è possibile creare interazioni con gli smartphone che transitano in prossimità degli impianti digitali creando una esperienza utente del tutto nuova e utile a stimolare una call to action immediata. Va infine citato che la modalità di erogazione ad impression in programmatic dà la possibilità di sospendere e riattivare la campagna anche a seconda dell’andamento degli indicatori di performance. Questo, unito ad un modello di acquisto basato sul CPM, offre agli inserzionisti nuove opportunità di ottimizzazione dei budget, e permette di salvaguardare l’efficienza anche in periodi del tutto straordinari come quello che stiamo attraversando, segnato dall’emergenza Covid-19 e dalla riduzione della mobilità sul territorio.
Anche la radio sta guadagnando un’identità digitale, e in questo senso il lockdown primaverile ha dato un forte impulso all’utilizzo di device come lo smartphone, il desktop e gli smart speaker per l’ascolto delle emittenti tradizionali. L’erogazione del flusso radio avviene oggi ancora in modalità lineare, ma l’utilizzo di strumenti digitali consentirà in un futuro prossimo di rendere ‘addressable’ anche i messaggi pubblicitari tabellari radiofonici, permettendo agli inserzionisti di ricorrere a una targetizzazione puntuale. Tutto ciò è già oggi possibile limitatamente ai formati pre-roll che vengono erogati nel momento in cui ci si connette all’emittente via streaming: in questo ambito, è già possibile applicare criteri di segmentazione basati sui dati che qualificano il singolo ascoltatore, e ricorrere all’uso di creatività dinamiche per proporre messaggi quasi del tutto personalizzati. All’emittenza radio tradizionale si affianca poi il mondo delle piattaforme di audio on demand, tra le quali l’assoluta protagonista sul mercato italiano è Spotify, con i suoi oltre 9 milioni di utenti. È interessante notare come l’offerta di queste piattaforme si stia ampliando secondo varie direttrici: non più solo contenuti musicali, ma anche corsi professionali, contenuti informativi, approfondimenti tematici, interviste e talk show. Cresce di pari passo l’offerta di contenuti brandizzati: sono sempre più numerose le playlist e i podcast “offerti” dai brand: un’attività di comunicazione innovativa e apprezzata dagli utenti, secondo quanto rilevato dalla ricerca “Il mondo podcast” realizzata lo scorso maggio da Bva Doxa e One-O-One.
L’innovazione più importante per il mercato pubblicitario italiano è però la digitalizzazione della TV, vale a dire del mezzo che raccoglie ancora oggi circa il 50% degli investimenti pubblicitari delle grandi aziende e che viene fruito mediamente -secondo i dati Auditel- per oltre 5 ore giornaliere dalla popolazione italiana. Il recentissimo rapporto Auditel-Censis ha quantificato nel 35% la percentuale di famiglie che già oggi dispongono di una TV connessa, e la quota è destinata a crescere rapidamente dal momento che la transizione alla tecnologia DVB T2 (che si completerà nel 2022) obbligherà tutti gli utenti italiani a sostituire gli apparecchi più datati con una TV di nuova generazione. Le TV connesse, sia attraverso una tecnologia ‘smart’, sia attraverso un dispositivo esterno come una console per il gioco o un dongle come Chromecast / Fire TV Stick, offrono all’utente una nuova esperienza di visione aperta al mondo delle piattaforme on-demand, e creano quel canale di comunicazione bidirezionale con gli adserver che consente di attivare l’erogazione di messaggi ‘addressable’ su base geografica, comportamentale o su altri dati proprietari di profilazione. Il mondo della videocomunicazione è certamente arrivato ad un punto di svolta: la digitalizzazione permette già oggi di veicolare gli stessi contenuti, editoriali o pubblicitari, su ogni genere di schermo e rende assai meno percepibili le linee di confine tra il mezzo televisivo, il desktop e i dispositivi mobili. Va anche aggiunto che la digitalizzazione, rompendo la ‘linearità’ della TV, trasferisce sullo schermo televisivo alcune delle criticità che da sempre distinguono la comunicazione sul web: la frammentazione delle audience, la complessità di misurare puntualmente la visibilità di una campagna, la difficoltà di analizzare le attività pubblicitarie realizzate all’interno di arene competitive. Un’ulteriore complicazione deriva dal fatto che la TV, anche quando connessa, rimane un mezzo fruito in maniera condivisa, e dunque diventa ulteriormente più difficile ricondurre l’erogazione di uno spot non-lineare ad un determinato risultato di opportunities to see profilate secondo caratteristiche sociodemografiche.
La digitalizzazione dei mezzi, in generale, solleva nuovi temi di ricerca e diventa sempre più importante ed urgente dotarsi di strumenti appropriati per gestire la complessità e le criticità che le nuove soluzioni inevitabilmente producono. Esiste la necessità di adottare currency media neutrali rispetto al mezzo che permettano di pianificare, confrontare e integrare i risultati di comunicazione sviluppati su device differenti, e va anche sottolineata l’esigenza di costruire una base di dati digitali trasversali ai vari mezzi per creare le condizioni affinché l’addressable adv possa esprimere tutte le sue potenzialità. Negli ambienti digitali dove ogni utente è individuato da un identificatore univoco, è descritto da una serie di caratteristiche individuali ed è raggiungibile in modalità 1-a-1, le possibilità di segmentazione diventano pressoché illimitate: si deve però disporre di dimensioni di analisi omogenee e di tecnologie che mettano in comunicazione diretta le piattaforme di data science con quelle di pianificazione.
È d’altronde fondamentale tenere presente la meaningfulness della specifica esperienza di consumo che ogni mezzo, calato nel suo contesto di fruizione, è in grado di generare.
In questo senso, il ruolo dell’agenzia è quello di facilitatore, creando delle Media Experience (Mx), sfruttando i meaningful media, portando il contenuto nel giusto contesto, e creando delle connessioni significative coi consumatori. Così la digitalizzazione rappresenta un’enorme opportunità per quegli inserzionisti che sapranno sfruttare il potere dei dati e le possibilità offerte dalla tecnologia per produrre una comunicazione di brand multimediale efficace, personale e rilevante.
Nel prossimo articolo parleremo di eCommerce: come costruire o potenziare il proprio canale di vendita on-line, scegliendo e sfruttando al meglio i Market Place più adatti alla tipologia di prodotto venduta.
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