Google sta per dare alla luce il suo conto corrente: la data del parto è prevista per i primi mesi del 2020.
Il gigante di Mountain View è molto scaltro. Sta facendo questa operazione con un soggetto terzo, la Citigroup, una multinazionale americana di banche di investimento e società di servizi finanziari con sede a New York City.
Potrebbe fare tutto da solo ma mette in mezzo un altro soggetto per rassicurare un po’ il pubblico potenziale e alzare un piccolo scudo.
“Non sono cattivo, non sono mica come Facebook, faccio le cose insieme alla banche, non contro le banche…” – mi sembra di sentirgli sussurrare.
L’obiettivo è: grazie a Google Pay puoi aprire un conto corrente (presso Citigroup) sul quale puoi, ad esempio, accreditare il tuo stipendio e poi spendere i soldi, ancora una volta, attraverso Google Pay o altri strumenti messi a disposizione della banca.
Perché fare tutto questo? Qual è l’obiettivo? Dai che lo sai. Sono i dati. Tracciare le abitudini di acquisto degli utenti (anche se verrà detto “in forma anonima e aggregata”) ha un valore molto importante, spendibile internamente quanto esternamente.
“Quanto guadagna il mio target di riferimento? Dove e come spende i suoi soldi?”
Queste sono alcune delle domande base di sempre di un advertiser tipo. E i dati bancari sono grasso che cola.
Il progetto di Google si chiama “Cache” e, oltre i conti correnti, offrirà anche dei prestiti (servizio sempre erogato da un partner esterno, questa volta della Standford Univeristy). L’obiettivo è quello di attirare i più giovani per offrire loro crediti in modo rapido ed efficiente.
Comunque vadano le cose ci sarà molto, moltissimo da imparare. In tempi non sospetti avevo scritto, proprio qui su Engage, un pezzo dal titolo: “I giganti del web si mangeranno le banche?” e sono più che certo che Big G avrà molto da insegnare agli istituti bancari su come si crea, tesse e mantiene una relazione con il cliente.
Le banche statunitensi hanno lottato molto per reagire all'invasione della Silicon Valley nel mondo bancario e l’unico motivo per cui il progetto di Google potrebbe naufragare è l’intervento del regolatore.
Nel mentre però ha già un vantaggio rispetto a tutti gli altri: secondo McKinsey, il 58% dei consumatori si fiderebbe dei prodotti finanziari di Google, il 56% si fiderebbe di Apple e solo il 35% si fiderebbe di Facebook.
E’ davvero impressionante quanto stia correndo il mondo dei pagamenti: chi sarà il prossimo? Quale sarà la prossima mossa?