Gravina di Puglia si trova tra Bari e Matera, in una zona che si chiama Murgia. Se si cerca Murgia su Wikipedia e si vanno a vedere le attività economiche rilevanti, si trovano la coltivazione delle olive, l’allevamento dei cavalli e l’industria casearia con il famoso formaggio pallone.
Mariarita Costanza, la protagonista di questa storia, nasce e vive a Gravina. E a Gravina non produce formaggio ma ottimo software, con competenza e passione, felice di farlo nel luogo che ama in modo viscerale.
La sua storia è atipica ma nitida, come tutte quelle delle persone che cambiano le cose. Nel 1999, fresca laureata al Politecnico di Bari, sviluppa una piattaforma per la gestione della messaggistica SMS. Un chatbot prima che esistessero i chatbot. Si sposa con Nicola e insieme fondano MACNIL (che sta per Mariarita Costanza e Nicola Lavenuta, nel caso uno stesse pensando a strani acronimi americani).
Mariarita progetta, Nicola vende, e MACNIL cresce fino a diventare leader nei sistemi di localizzazione per le flotte aziendali e nella telemedicina. Nel 2014 la svolta decisiva con la cessione dell’azienda ad un grande gruppo italiano. Ma la sede centrale rimane sempre a Gravina, il territorio non si molla mai, anzi si fa diventare ancora più importante. Grazie a MACNIL nasce la “Murgia Valley”, un ecosistema di aziende hi-tech che assorbe centinaia di giovani dalle università locali (“i nostri laureati hanno una marcia in più”).
L’obiettivo di Mariarita e Nicola è grande, visionario ma come sempre chiaro, definitivo: far diventare questa terra un polo tecnologico di rilevanza mondiale. E ci stanno riuscendo. Dalla Puglia hanno acquisito tre aziende in Lombardia e ormai nella Murgia Valley si vive più di Internet of things che di formaggio pallone e olio extra vergine.
Non è un miracolo, è una storia di coraggio, tenacia e valori, ma anche di competenza. Accade in Puglia e non in California. Mariarita la sintetizza così: “Se da noi non esisteva una azienda tecnologica non voleva dire che fosse impossibile crearla. Voleva solo dire che nessuno ci aveva mai provato”. Semplice e diretto, come lei.
In Italia si parla tanto di distretti, di territorio, di piccola impresa locale, ma il digitale è visto quasi sempre come un corollario, un abilitatore e non come un protagonista. Il territorio ha delle caratteristiche naturali che devono essere valorizzate e il digitale serve per supportare questa valorizzazione. Assistiamo alla nascita di portali turistici, e-commerce di prodotti locali, app di itinerari gastronomici e culturali. Il software che abilita queste piattaforme digitali viene quasi sempre da altrove, e nessuno si stupisce, tutti accettano questa situazione come un naturale gioco di ruoli: noi abbiamo le bellezze, gli altri hanno le tecnologie per andarle a raccontare al mondo.
In questa divisione noi usciremo sicuramente perdenti: chi possiede le tecnologie digitali ha oggi un enorme vantaggio competitivo e il nostro rischio è di diventare un parco a tema bellissimo ma con i cancelli e le attrazioni comandate da altri.
Il territorio ha delle qualità naturali che esistono da sempre ma, come dice Mariarita, è fatto soprattutto di persone, di competenze e professionalità. Le nuove generazioni digitali sono nate con la tecnologia e vedono molto spesso in quello il proprio futuro, meno nella vendita, onorabilissima, della Nduja di Spilinga.
Occorre pensare al digitale come ad un “prodotto tipico”. I laureati del Politecnico di Bari sono un prodotto tipico del territorio e dovrebbero essere salvaguardati né più né meno del formaggio pallone. Il software sviluppato nella Murgia Valley dovrebbe avere un bollino IGP come l’olio d’oliva, e dovremmo essere orgogliosi di aziende come MACNIL esattamente come siamo orgogliosi dei nostri monumenti e delle nostre spiagge.
L’errore è guardare alla Murgia Valley come un fenomeno isolato e difficilmente ripetibile. A mio parere invece esiste più probabilità di creare poli tecnologici rispetto a poli gastronomici. I giovani vogliono lavorare nel digitale e possono essere la linfa vitale di tanti ecosistemi. Il territorio straordinario dove viviamo deve essere l’abilitatore e il facilitatore per la crescita di questi ecosistemi tecnologici. Sviluppare software in una masseria a Gravina di Puglia è molto meglio che macinare codice in una casetta di Palo Alto.
Chi ci governa deve capire che solo aiutando imprenditori visionari e dando al territorio digitale i mezzi per crescere si può colmare questo nostro enorme gap.
Ma alla fine gli imprenditori visionari e coraggiosi fanno comunque la differenza. Michael Jordan ha detto: “i limiti, come le paure, sono spesso solo un’illusione” e, dopo aver incontrato Mariarita e Nicola questa frase mi sembra ancora più vera. Pensare “non si può fare” è sbagliato, e il successo non è solo dei fenomeni ma di tante persone che credono nelle loro capacità e trovano dentro e fuori di loro il coraggio per realizzare i loro sogni.