• Programmatic
  • Engage conference
  • Engage Play

Valori a più voci

A cura di Sergio Amati, General Manager IAB Italia

Storie di valori per il nuovo mondo digitale

27/04/2020
di Sergio Amati

Valori a più voci

Inizia oggi "Valori a più voci", il viaggio di IAB tra i valori che devono guidare la ripresa. Non solo digitali ma patrimonio di tutti. Una rubrica quindicinale a cura di Sergio Amati, general manager di IAB Italia

"Istituto Volontà"

Mio nonno era un imprenditore, uno dei tanti nati dalla guerra e cresciuti nel boom economico. Durante la Seconda Guerra Mondiale lavorava all’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco che costruiva i motori aerei della flotta fascista. Ogni giorno la fabbrica era bersaglio dei bombardamenti alleati, arrivare a casa alla sera già rappresentava un grande traguardo. Si sposò nel 1942 con mia nonna in una chiesetta vicino alla fabbrica, vestito con la tuta blu da lavoro, due compagni a fare da testimoni. Un momento fugace di gioia in giorni in cui la preoccupazione era sopravvivere e in cui pensare al futuro era, appunto, impensabile. Ma il pensiero del futuro, per mio nonno, era una vera e propria ossessione. Nei lunghi giorni di lavoro e nelle notti passate a casa o nei rifugi, non riusciva a smettere di progettare. In mezzo alle macerie di un’Italia distrutta e apparentemente senza speranza, pensava a come essere, per usare una parola contemporanea, “rilevante”, a come lasciare un segno che non fosse legato all’emergenza ma concreto e costante nel domani (e parlando di domani, nel 1943 era nata mia mamma). In pochi anni, a partire dalla fine della Guerra, realizzò nella cantina di casa la sua prima macchina per la lavorazione dell’acciaio, fondò una piccola impresa e la fece crescere fino ad arrivare ad avere centinaia di dipendenti e ad esportare in tutto il mondo. I suoi principi erano semplici ma profondi. Voleva insegnare agli altri: una cosa che amava raccontare erano le storie di molti suoi primi operai che erano diventati imprenditori come lui, e di come li avesse aiutati a costruire la loro attività. Di loro diceva “si capiva subito che avevano la stoffa dell’imprenditore!”. Non era un letterato ma comprendeva il valore dello studio. La sua sola formazione, me lo raccontava con orgoglio, era stata con questa scuola per corrispondenza di Roma, l’”Istituto Volontà”. Conservava le dispense della scuola e mi diceva che erano state un aiuto enorme per progettare le sue macchine. Questa è una storia come tante e, se la avessi raccontata solo due mesi fa, probabilmente sarebbe apparsa come una favola lontanissima e anacronistica, tempi e situazioni diverse. Due mesi fa vivevamo ancora nell’epoca di maggior benessere della storia dell’uomo, non vedevamo guerre globali da decenni, gli equilibri sembravano immutabili e la “decrescita felice” era il massimo del sacrificio con cui avremmo dovuto confrontarci. In pochi giorni abbiamo perso le certezze. Siamo stati travolti da una guerra silenziosa, con simboli e dinamiche inedite: il nemico senza divisa né baffetti, senza mitraglie e senza ideologia; il rumore dei bombardamenti sostituito dal silenzio spettrale delle città. Un dramma globale che ci ha consegnato allo smarrimento, attoniti e senza difesa. Questa guerra moderna ci ha anche catapultati indietro nel tempo, in un mondo dove i bisogni sono più semplici e gli equilibri meno consolidati. Un mondo di canzoni ai balconi e saluti a distanza, di piccoli grandi eroi e di mascherine introvabili, di file ai mercati e di attesa quotidiana per la conta di morti, contagiati e guariti. Ho pensato tanto a mio nonno in questi giorni: vivere tra le macerie, virtuali o reali che siano, non è facile, ti occlude la mente e ti rende difficile pensare al futuro. Il mondo è molto diverso da allora ma io credo che questa guerra moderna abbia contribuito a riportare alla luce anche quei valori “semplici ma profondi” che sono stati alla base della rinascita del nostro paese dopo anni di distruzioni e massacri molto peggiori. Riappropriamoci di quei valori e rinasceremo anche noi. Dobbiamo guardare agli altri, ai nostri figli, ai nostri giovani dipendenti e collaboratori: il nostro obiettivo deve essere di costruire per dare loro l’opportunità di vivere meglio ma soprattutto di inventare nuove cose, di “diventare qualcuno”. E dobbiamo ricordarci sempre che il futuro del nostro mondo passa e passerà dall’istruzione. Tutti noi siamo diventati allievi dell’Istituto Volontà, non più per corrispondenza ma online: studiamo, ci informiamo, ci formiamo attraverso la rete e questa nuova condizione ci deve rendere ancora più forti e determinati a migliorare noi stessi. Certamente il digitale è una grande opportunità di rinascita, una infrastruttura potente che può accelerare la ripresa. Lo stato, e in particolare l’Europa, devono fare la loro parte per supportare le imprese e sostenere i più deboli. Digitale e visione comune sono le basi per il rilancio. Ma il salto più grande che dobbiamo fare è soprattutto mentale. Dobbiamo ritrovare dentro di noi la voglia e la “fame” di chi ci ha preceduto e dobbiamo avere la consapevolezza di essere sì di fronte ad un cambiamento epocale, ma anche che, come tutti i grandi cambiamenti, costruire un mondo migliore passa attraverso la nostra capacità di innovare e di pensare in modo diverso. Chiusi nelle nostre case dobbiamo portare questi valori nel presente per abbracciare con coraggio e positiva incoscienza il futuro, con lo spirito di chi non si arrende e non smette mai di guardare a nuove opportunità e a nuovi traguardi.