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Redefine the meaning of Retail

A cura di Retex

L'appuntamento che guarda ai temi dell'innovazione, della data intelligence & automation, della creatività e della comunicazione. Spunti inediti su trend, nuove abitudini d'acquisto e bisogni dei consumatori in ambito Consumer Retail e Direct-to-Consumer, con uno sguardo privilegiato su dati e insight direttamente dal mercato-Cina.

30/05/2024
di Retex

Retail: i tempi (reali) del cambiamento

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Riavvolgiamo il nastro.

Nel luglio 1986, Kroger, retailer americano tra i più grandi al mondo, installa, per la prima volta nella storia, tre automated checkout machines (ACM) in un supermercato nei pressi di Atlanta. Questo primo modello, sviluppato da una società di robotica della Florida, la Check Robot Inc., era più grande dei modelli
attuali, e includeva un nastro trasportatore per gli articoli in attesa di scansione.

L'adozione diffusa delle macchine di self check-out, tuttavia, non fu immediata. Agli esordi, molti consumatori erano riluttanti a utilizzarle per la mancanza di
familiarità con la tecnologia e le difficoltà a rapportarsi con le interfacce in uso. I costi elevati di fornitura e manutenzione dei primi modelli, inoltre, contribuivano
a limitarne la diffusione.

Il punto di svolta arriva negli anni 2000, con il miglioramento evolutivo della tecnologia, per costi e facilità d’uso, alla crescente familiarità dei consumatori con il digitale, spinta dalla pervasività degli smartphone, all’evidenza dei vantaggi sui costi operativi del retailer. Dal secondo decennio, a quasi trent’anni dal debutto nei supermercati, le macchine di self check-out sono diventate una presenza comune in tutto il mondo.

L’innovazione, per il Retail, non è un’opportunità ma un bisogno, ineludibile. Il rischio implicito è farne un luogo comune, dando per scontato che lo stupore e il compiacimento della prima volta – ciò che, oggi, è quasi obbligatorio chiamare «wow effect» – assicurino il consolidamento della novità. Ci fu anche chi, qualche anno fa, azzardò il sorpasso, in volume, dell’eCommerce rispetto al Retail fisico: eppure, introdotto da Amazon nel 1995, per l’adozione da parte delle catene di distribuzione, c'è voluta una pandemia.

I tempi reali del cambiamento sono ben diversi da ciò che lo stupore del momento induce a pensare, e l’innovazione è condizionata dallo stato delle tecnologie abilitanti. L'Intelligenza Artificiale non è una scoperta recente: era pratica di avanguardia già alla fine degli anni Ottanta, ma non disponeva dell’odierna potenza di elaborazione e dell'enorme quantità di dati necessari, oggi ampiamente reperibili sul web, per rivoltare i modelli di business.

Next step: cosa succederà nei supermercati

Guardando alla prospettiva medio-breve, il futuro del grocery passa per molte strade. Tra queste, il consolidamento dei sistemi di self checkout, il Retail Media e il quasi novantenne carrello della spesa. Il secondo e il terzo, in particolare, sono destinati a percorrere un bel pezzo di strada insieme.

Nelle stime di IMARC Group, il mercato del self checkout dovrebbe crescere passando dai 5 miliardi di dollari del 2024 a 13,5 entro il 2032, con un CAGR del 11,3% durante il periodo di previsione. Secondo IAB Europe, nel 2026 gli investimenti in Retail Media in Europa raggiungeranno i 25 miliardi euro; la crescita stimata, per l’anno passato, è del 18,7%, quasi 8 volte l’incremento della spesa complessiva in digital advertising.

Negli Stati Uniti – paese in cui, stando ai numeri raccolti da eConsultancy, il comparto rappresenterà il 20% della spesa pubblicitaria totale – Deloitte stima che il 64% dei retailer implementerà entro l’anno una piattaforma RM. Emblematica la scelta di Walmart, leader mondiale del retai con circa 11.000 punti vendita, di acquisire Vizio per 2,3 miliardi di dollari: gli asset del produttore di smart TV saranno fondamentali per gli inserzionisti nella pianificazione e nella creazione dei media.

Una nuova dimensione della relazione con il cliente, dunque, che sarebbe stata concettualmente valida anche vent’anni fa, quando però non esisteva il contesto evoluto utile ad abilitarla. L’osservazione dei Retail Media, peraltro, introduce il terzo punto dell’osservazione, relativo al “carrello intelligente”: le stime sul mercato dello smart shopping cart oscillano intorno ai 9,5 miliardi di dollari entro il 2030, con GAGR compresi tra il 25% e il 27%.

Il vecchio, e più che mai necessario, compagno di spesa, il carrello, sarà protagonista di una forte spinta innovativa nella costruzione di una necessaria coerenza dei punti vendita con l’omnicanalità. Il ROI dell’investimento sarà indotto dalla connessione delle app in uso sui carrelli e, pertanto, dal CRM, dal marketing mirato, dalla messaggistica personalizzata, dalla pubblicità, dalla fedeltà all’insegna, e dalla possibilità di tassi di conversione più elevati. Oltre, naturalmente, alla raccolta di quantità significative di dati. Dopo 90 anni di storia, l’innovazione nel supermercato camminerà anche (e ancora) su quattro ruote.

Il nodo dell’Intelligenza Artificiale

L’AI è un discorso a parte, che merita una lettura meno superficiale e «wow!» delle generose stime di crescita della spesa. Lasciamole dunque da parte, e guardiamo alle premesse reali di adozione dell’Intelligenza Artificiale, e alle tempistiche.

Secondo Analytics Insights, entro il 2025 l’80% degli executives del settore grocery prevede l’uso di tecnologie AI, e il 40% sostiene di utilizzarla già in qualche forma. Gli ambiti più interessati, nella percezione comune, sono la gestione dell’inventario, la pianificazione della domanda e dell’assortimento, l’ottimizzazione dei prezzi, il controllo dei costi di trasporto e, naturalmente, il radicale miglioramento della customer experience nei suoi vari aspetti, dal front-end al servizio clienti.

La domanda, inevitabile, è: “AI, sì, ma basata su che cosa?”. Nell’indagine congiunta condotta lo scorso marzo da Salesforce e Retail AI Council, si evidenziavano le difficoltà collegate alla strategia dei dati e alla visione unica del cliente. Solo il 17% dei partecipanti al sondaggio ha mostrato una padronanza adeguata del processo, e ben il 49% è ancora nelle fasi preliminari di costruzione, se non ancora più indietro. I tempi, reali, del cambiamento sembrano ben più lenti dello sviluppo, impetuoso, della tecnologia.

Nella relazione con il cliente, l’inadeguatezza o, addirittura, la mancanza di una valida strategia del dato induce un modello di Intelligenza Artificiale generativa a rischio di risultati inefficaci o imprecisi, con un elevato grado di tossicità e pregiudizi. Il 40% degli intervistati, peraltro, mostra difficoltà nell’uso dei dati a supporto delle decisioni, e il 47% all’accessibilità di questi. Molti insiemi diversi d’informazione, spesso senza relazione e che costano molta fatica di lettura e sintesi.

Proprio l’Intelligenza Artificiale in sé, dunque, a dispetto delle sue enormi potenzialità, potrebbe rivelarsi, almeno per il momento, un elemento frenante nella sua piena adozione per la gran parte dei processi tipici della GDO. Riavvolgiamo il nastro, ancora: per arrivare al «wow!» occorre tornare al dato. E di corsa.

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