Nella sezione “opinioni”, Engage pubblica approfondimenti sui temi più attuali e dibattuti nel marketing e nella comunicazione, scritti da professionisti della industry. In questa occasione, Gianluca Gallinaro, Business Manager della web agency milanese Aleide, spiega perché l’intelligenza artificiale, nonostante consista in un traguardo tecnologico incredibile e pieno di potenzialità, alle volte in ambito web venga sopravvalutata e per questo utilizzata anche qualora non rappresenti la soluzione ottimale per perseguire il proprio scopo.
L’AI, come tutti noi sappiamo, è un megatrend che sta sempre più prendendo campo negli ultimi tempi. Si tratta infatti di un fenomeno affascinante, applicabile in diversi settori, capace di incuriosire e allo stesso tempo di incutere un po’ di timore, di attirare a sé moltissimi ammiratori ma anche una lunga serie di critiche. È quindi naturale chiedersi per quale motivo i pareri su questa rivoluzione tech siano così contrastanti. La ragione, per quel che riguarda la sua applicazione nell’ambito web, è molto semplice: per quanto si tratti di una tecnologia con grandi capacità e potenzialità, nella maggior parte dei software basati su di essa è ancora presente una percentuale di errori consistenti e non azzerabili.
Una dimostrazione di ciò proviene dall’ormai famosissimo ChatGPT, un chatbot creato da OpenAI, molto celebre in tutto il mondo in quanto primo strumento di AI conversazionale utilizzabile liberamente da qualsiasi user.
Nonostante nel tempo abbia subito numerosi aggiornamenti e miglioramenti, presenta comunque dei grossi limiti, fra cui spicca la possibilità di creare risposte plausibili ma errate. Risulta quindi chiaro come ciò rischi di alimentare la disinformazione, la quale può risultare estremamente dannosa, soprattutto in determinati ambiti come quello medico-scientifico.
Per determinati ambiti dove l’esattezza dei dati e delle informazioni risulta di vitale importanza, può essere infatti più opportuno affidarsi a soluzioni differenti, come degli strumenti che rappresentino una via di mezzo fra una soluzione classica, tra cui ritroviamo i servizi standard di customer care (per esempio la possibilità di accedere ad una chat con la possibilità di interloquire con un dipendente dell’azienda con cui ci stiamo interfacciando), e una soluzione ultra-innovativa. È il caso dei chatbot tradizionali, i quali a differenza di tools come ChatGPT non prevedono un processo di autoapprendimento ma di apprendimento standard grazie alla ricezione di una serie di dati ben precisi, i quali potranno essere utilizzati dal chatbot stesso per fornire le risposte senza ricorrere a fonti esterne o a una elaborazione automatica dei dati che possa rischiare di stravolgerne la veridicità.
È proprio questa l’idea alla base di alcuni progetti realizzati dalla nostra web agency Aleide, che, forte della propria esperienza nell’ambito della gestione dei dati aziendali e dell’ottimizzazione della user experience si è dedicata all’implementazione di chatbot per aziende operanti in diversi ambiti (fra cui quello scolastico e quello medico), capaci di integrarsi col servizio e l’assistenza clienti già offerta del personale, ottimizzandone così l’usabilità.
In conclusione, spesso si pensa che le tecnologie più recenti, nonché soluzioni più costose, possano essere la scelta migliore per ottenere dei risultati di alto livello. Tuttavia, in questo breve articolo abbiamo dimostrato come la corsa al tool più innovativo spesso possa trarre in inganno e allontanare dal proprio obiettivo, motivo per cui risulta quindi fondamentale affidarsi al parere di esperti del settore che sappiano elaborare soluzioni customizzate per rispondere alle esigenze del cliente, mettendo al primo posto un risultato eccellente a fronte di una spesa opportuna e senza farsi traviare dai trend del momento.