Nella sezione “Opinioni”, Engage dà spazio a professionisti esperti del settore della comunicazione. In questa occasione a firmare l’approfondimento, dedicato al CES di Las Vegas (la più importante fiera al mondo dedicata all'innovazione), è Sergio Amati, Direttore Generale di IAB Italia, che, da corrispondente speciale in loco, ci racconta l'atmosfera dell'evento
Il Consumer Electronic Show è un evento gigantesco e raccoglie in sé diverse anime, con il minimo comune denominatore della tecnologia.
Il Las Vegas Convention Center è il regno della mobilità, con le grandi aziende automotive che presentano nuovi modelli con soluzioni digitali di frontiera: dalla macchina volante all’autoguida di ultima generazione, dagli assistenti AI fino al mega truck elettrico.
Interessante vedere come sempre più aziende non automotive entrino nel settore (Sony ha presentato un modello in collaborazione con Honda). Si parla anche di Digital Health, di Smart Home e di IOT, con stand enormi di aziende come Bosch, Siemens, Panasonic. Nota di colore: al LVCC si viaggia tra un padiglione e l’altro in un tunnel con Tesla X a guida autonoma.
Il Venetian Expo è dove si parla di startup con le mille e oltre di Eureka Park, e dove si tengono i grandi keynote di aziende come Intel, Walmart, Hyundai.
E poi c’è l’hotel Aria, il cuore delle sessioni dedicate al marketing, un settore che sta vivendo un cambiamento epocale (un “seismic shift” come dicono gli americani), innescato dall’innovazione dirompente dell’AI generativa.
L'artificial intelligence è presente ovunque al CES. Ogni oggetto, ogni gadget tecnologico è, in misura diversa, potenziato dall’AI, perfino i mega escavatori della John Deere sono guidati autonomamente da agenti intelligenti.
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Si ha la sensazione di essere davanti a un nuovo "ambiente" che ricorda molto quello del primo web, con tempi di adozione però molto più rapidi. La spinta data dagli strumenti di AI generativa è simile a quella data dal WWW (e poi dai primi browser come Netscape) alla digitalizzazione del mondo, una democratizzazione che rende accessibile a tutti una tecnologia che prima era dominata da pochi.
Il piccolo robot Moxie, vincitore del CES Award nella categoria Artificial Intelligence, è un esempio di come l’AI possa trasformare il rapporto tra persone e tecnologia. Si tratta di un robot per ragazzi dai 5 ai 10 anni che è sul mercato da alcuni anni ma che oggi, grazie all’AI generativa, diventa un vero e proprio assistente per l’apprendimento, con capacità conversazionali ed empatiche davvero sorprendenti.
In pochi mesi siamo passati da un oggetto sofisticato ma ancora abbastanza “meccanico” a un vero compagno di vita con reazioni molto simili a quelle umane, in grado di memorizzare i comportamenti e dare supporto reale alla crescita dei ragazzi.
Un altro esempio è il Rabbit R1, vera superstar del CES. Un personal assistant tascabile, anche lui alimentato dalla AI generativa, che promette di realizzare, tramite semplici comandi vocali, compiti anche molto complessi.
L'R1 è un dispositivo quadrato di colore arancione, largo e lungo circa 15 centimetri e dotato di telecamera, che è in grado di interfacciarsi per nostro conto con tantissime app (es. Uber o Spotify) e gestire molteplici attività, a fronte di un comando (es. vorrei andare a cena stasera in un ristorante di pesce in zona Duomo a Milano, che suggerimento mi dai? Me lo puoi prenotare?).
Non è Alexa, non è Siri, è una evoluzione competitiva (che magari non avrà successo) che solo pochi mesi fa sarebbe stata impensabile. Rabbit, partendo dal principio dei LLM di OpenAI, ha creato questi LAM (Large Action Model) che sono in grado di imparare dagli utenti, registrando le loro azioni con la telecamera.
CES, parola chiave "Intersections"
La parola più pronunciata durante i vari keynote e workshop è stata "Intersections": siamo nel mezzo di un cambiamento enorme, con il detonatore dell'AI, dove tecnologia, dati, creatività, marketing si intersecano.
Non si può rimanere indietro, le cose evolvono troppo velocemente, e nei keynote del CES si percepisce questo senso di urgenza. Occorre “tagliare le curve” ed andare ad imparare direttamente alla fonte. E qui le famose intersezioni, diventano più profonde.
Il marketing si trova oggi davanti a queste tecnologie e (vedi Moxie e Rabbit) a una marea di oggetti rivoluzionari e deve comprenderli, valutarli e farli comprendere. Un compito non semplice perché democratizzazione non vuol dire semplificazione.
Queste tecnologie sono apparentemente facili da usare ma quando devono entrare nei processi consolidati di una azienda diventano molto complesse. L’evoluzione della AI generativa rende necessario un cambio culturale nelle aziende e in chi si occupa di marketing in particolare.
Il martech è stata l’evoluzione naturale del marketing, ma comunque “tech”: una disciplina che non doveva necessariamente essere abbracciata da tutti i marketer ma solo da quelli che avevano competenze e passione per la tecnologia.
Da un anno a questa parte si è (finalmente) capito che la tecnologia è un affare di tutte le persone di marketing, nessuna esclusa. O si evolve o si muore, punto.
L'evoluzione del settore secondo le aziende
In una serie di incontri denominati “Digital Hollywood” dove si parlava di come l’entertainment stesse evolvendo grazie all’AI, ho assistito a panel dove brand marketer e direttori creativi discutevano con rappresentanti di colossi tecnologici come Nvidia o Amd su come usare al meglio gli strumenti di generative AI e integrarli nei loro processi. L’entrata in gioco di questi tech player, prima abbastanza estranei ai processi creativi e di marketing, è una delle discontinuità più forti.
Da una parte i brand devono capire rapidamente come muoversi, anche perché questi nuovi strumenti possono e devono essere usati da tutti, non solo dai tecnici. Dall’altra le aziende produttrici di tecnologie, che prima dialogavano con i programmatori, oggi devono necessariamente parlare con i “nuovi developer”, cioè con i marketer e con i creativi.
Nelle grandi aziende tech stanno nascendo ruoli nuovi come l'Head of creators relationship, una evoluzione del responsabile dei rapporti con i developer, che deve però costruire modi nuovi per dialogare di cose tecniche con persone non tecniche. Perché parlare con uno sviluppatore è ben diverso che parlare con un Marketing Manager o un Art director.
Durante una sessione chiamata “Marketing reinvented”, il Managing Director di R/GA, una grande agenzia di pubblicità, ha detto che "We all need to upscale", perché tutta la filiera deve crescere in competenze e consapevolezza e non può più difendere le proprie posizioni in modo anacronistico.
Una opinione condivisa (ed è anche la mia) è che questo nuovo sistema di intersezioni porterà enormi opportunità. La CMO di iHeartradio, una delle principali radio americane, ha raccontato come l’AI abbia permesso di arricchire la programmazione musicale con contenuti aggiuntivi e abbia drasticamente migliorato la brand safety dei podcast, che vengono oggi verificati automaticamente.
Block, una società di servizi finanziari di cui è CEO il fondatore di Twitter Jack Dorsey, ha descritto come utilizzi l’AI per potenziare il customer support e per velocizzare processi decisionali e strategici (es. sviluppo prodotto) prima lenti perché legati a curve di apprendimento e analisi. Adobe vede l’AI come elemento chiave per migliorare la relazione con la creative community, supportandoli in modo efficace nei loro processi di lavoro.
E la nuova era interconnessa, contrariamente a quanto sostengono i demonizzatori della AI, riporterà la creatività al centro. Michael Kassan, CEO della società di consulenza Medialink, uno dei più influenti esponenti della community del marketing americana, ha raccontato come, grazie all’AI, le agenzie creative dovranno rivedere in modo forte i loro processi ma non dovranno snaturarsi: la capacità di utilizzare la tecnologia in modo efficace ed efficiente potrà dare un enorme slancio ai team creativi.
Un messaggio potente di Kassan è stato quello sui CMO, che dovranno trasformarsi e diventare dei “Change Management Officer”, in grado di portare il messaggio di cambiamento sia all’interno che all’esterno delle aziende. Dovranno essere in grado di orchestrare e fare da collante tra i diversi ruoli, con competenze all'incrocio tra marketing, processi e tecnologia e grande capacità divulgativa per diffondere e radicare un nuovo mindset.
Lascio Las Vegas con questa nuova “C” di Change nella mente. Con IAB Italia lavoreremo come e più di prima per facilitare le “intersezioni” e per decodificare e diffondere questo cambiamento.