Nella sezione "Opinioni", Engage pubblica articoli redatti da esperti di digitale e comunicazione. In questo contributo Matteo Ferrari (Chief Marketing Solutions Officer) e Damiano Antonelli (Chief Creative Officer) di Intarget ci spiegano come l’evoluzione dei Large Language Model e l’affermazione della Generative Engine Optimization stiano trasformando i paradigmi di visibilità e autorevolezza nell’ambito del web conversazionale.
Dai Large Language Model alla Generative Engine Optimization: le strategie per costruire visibilità e autorevolezza nel web conversazionale.
La ricerca non è più la stessa.
Per anni abbiamo cercato informazioni cliccando link.
Oggi, con l’arrivo di modelli linguistici come ChatGPT, Gemini e Perplexity, quella dinamica è cambiata per sempre.
Con l’arrivo di Google AI Mode e la progressiva maturazione di Google AI Overviews, questa trasformazione è diventata evidente anche all’utente comune: la ricerca non restituisce più soltanto una lista di risultati, ma sempre più spesso una risposta ragionata e sintetizzata dall’AI.
Accanto a queste evoluzioni, Google sta sperimentando anche Web Guide: un formato di SERP che non si limita a dare una risposta, ma riorganizza i risultati in cluster tematici guidati dall’AI, con mini-sintesi e percorsi di approfondimento per le ricerche esplorative. È un segnale ulteriore della direzione in corso: la ricerca non è più solo “trovare un link”, ma costruire un percorso informativo orchestrato dall’AI.
Nel nuovo scenario la SEO non basta più da sola.
La visibilità non si conquista con le keyword, ma con la capacità di farsi comprendere, selezionare e citare dai modelli generativi.
È la nascita della AEO - Answer Engine Optimization e, più in profondità, della GEO - Generative Engine Optimization.
Qual è oggi l’impatto reale degli LLM su visite e acquisti?
Gli LLM (Large Language Models) si stanno affermando come un nuovo punto di accesso ai brand e all’e-commerce: non sono più solo chatbot, ma motori di scoperta e decisione integrati nel search journey.
La loro adozione dentro sistemi di ricerca e navigazione – inclusa la crescente integrazione di Google AI Mode nella Search app su Android e l’accesso diretto in Chrome tramite shortcut dedicati – sta trasformando gli assistenti personali in veri mediatori del processo decisionale: sintetizzano informazioni, confrontano alternative e indirizzano la scelta prima ancora del clic.
Secondo Adobe Analytics, la Cyber Week 2025 ha generato 44,2 miliardi di dollari online (+7,7% YoY), trainata dai record del Black Friday (11,8 miliardi, +9,1%) e da un ruolo crescente dell’AI generativa, con il traffico verso i retailer in aumento fino al +760% tra il 1° novembre e il 1° dicembre, segno che gli assistenti AI possono giocare un ruolo chiave nelle decisioni d’acquisto.
Secondo Salesforce AI e agenti AI già nel 2024 hanno influenzato il 17% degli ordini globali, attraverso consigli personalizzati, promozioni targettizzate e customer service più smart.
Il traffico referral da fonti AI generativa, anche se oggi rappresenta meno dell’1% del traffico totale, mostra comportamenti di qualità superiore. I visitatori provenienti da fonti AI:
- navigano +12% di pagine per visita;
- hanno un bounce rate inferiore del 23%;
- secondo Business Insider, durante il Black Friday 2025, gli acquirenti che hanno visitato i siti retail statunitensi tramite un servizio di chat basato sull’IA avevano il 38% di probabilità in più di effettuare un acquisto rispetto alle fonti di traffico non basate sull’IA (fonte dati: Adobe)
Gli utenti che arrivano da fonti AI sono più informati, più ingaggiati e più propensi all’acquisto. In molti casi accedono ai siti dopo una prima “pre-valutazione” dell’AI, arrivando quindi con aspettative più chiare, criteri selettivi già impostati e maggiore intenzionalità.
Secondo Harvard Business Review (HBR), il 58% degli utenti utilizza strumenti AI per cercare prodotti, con query sempre più iper-specifiche come “scarpe da running leggere entro 120 euro, consegna oggi a Milano”. A differenza della SERP tradizionale, gli assistenti AI non presentano un elenco aperto di dieci link: sintetizzano e guidano la scelta proponendo poche opzioni rilevanti, spesso attraverso una conversazione che restringe progressivamente le alternative. Il risultato è una riduzione del consideration set: essere presenti non basta, bisogna essere tra le opzioni che l’AI considera e raccomanda.
Dalla SEO all’AEO: una nuova grammatica per essere scelti
Per anni la SEO si è basata su regole precise: struttura del sito, parole chiave, backlink, mobile-first, Core Web Vitals.
Oggi il nuovo arbitro è l’AI.
Con Google AI Overviews e AI Mode non si scala semplicemente una SERP: si entra nelle sue sintesi.
Essere rilevanti in questo contesto significa lavorare su cinque leve fondamentali:
- fondamenta tecniche solide: l’AI parte da ciò che riesce a leggere e recuperare senza attriti;
- presenza semantica coerente: i modelli ragionano per entità e relazioni, non per keyword isolate;
- contenuti conversazionali e answer-first: la risposta deve esistere prima della narrazione;
- citazioni autorevoli: l’AI seleziona e cita le fonti più credibili, soprattutto quando le informazioni sono coerenti e confermate da più siti affidabili;
- monitoraggio costante: il posizionamento nelle risposte è dinamico e cambia, Overviews e LLM aggiornano le sintesi in base a nuove fonti e dati.
In modo semplificato, una risposta generativa nasce così:
- Retrieval: il motore recupera fonti dal web: pagine editoriali, schede prodotto, video, immagini, dati strutturati, recensioni e database verticali.
- Ranking: seleziona le fonti più utili per quella domanda, pesando pertinenza, autorevolezza, chiarezza estrattiva, aggiornamento e coerenza con altre fonti affidabili.
- Sintesi generativa: l’AI combina i punti chiave in una risposta unica. Qui si gioca la partita: non serve essere “uno dei dieci risultati”, serve essere uno dei mattoni della sintesi.
- Citazioni: vengono collegate le fonti che hanno contribuito in modo esplicito e verificabile alla risposta.
Web Guide applica la stessa logica generativa - fan-out della query, recupero e clustering delle fonti - ma invece di restituire una risposta unica organizza i risultati in sezioni guidate dall’AI. Per i brand è un’ulteriore conferma della direzione: non si compete più solo per la posizione, ma per essere una fonte chiave dentro i cluster e le sintesi che strutturano la navigazione.
Gli agenti AI non cliccano banner, non scorrono feed e non leggono creatività: interpretano intenzioni e valutano coerenza. Il criterio di selezione non è la persuasione, ma la qualità del dato.
Per questo diventa essenziale costruire contenuti AI-citable, cioè facili da estrarre e citare dentro una risposta:
- chiari: definizioni nette, linguaggio semplice, zero ambiguità;
- verificabili: dati, numeri, fonti, date, attributi dichiarati;
- contestualizzati: per chi vale, quando vale, perché vale;
- estrattivi e modulari: blocchi di senso autonomi, che restano veri anche se letti fuori pagina.
In questo senso, SEO e GEO non sono mondi separati ma complementari: la SEO fornisce le basi di leggibilità, accesso e coerenza; la GEO abilita la citabilità e la presenza del brand dentro le risposte AI. Non si tratta più solo di farsi trovare: si tratta di diventare la fonte logica che l’AI sceglie di usare.
Dal B2C al B2AI: la nascita del Conversation Journey
Entro il 2026 i modelli linguistici sono destinati a diventare un touchpoint sempre più strutturale del customer journey. Una quota crescente di utenti non si limiterà a cercare in modo tradizionale: cercherà conversando, delegando agli assistenti la sintesi, il confronto e la prima selezione delle alternative.
Google AI Mode accelera questa evoluzione, portando la logica conversazionale dentro il search quotidiano.
È l’inizio dell’era B2AI, in cui brand, piattaforme e utenti interagiscono attraverso intelligenze artificiali che dialogano tra loro per guidare scoperta, valutazione e acquisto.
In questo contesto il contenuto diventa la valuta della fiducia: ciò che è chiaro, coerente e verificabile viene scelto e riusato dalle AI.
Si tratta di un cambio di paradigma simile a quello vissuto nel passaggio al mobile-first: non è “un nuovo canale”, ma il layer attraverso cui passeranno la scoperta, la valutazione e l’acquisto.
GEO: Generative Engine Optimization
La GEO è l’evoluzione di SEO e AEO.
Non significa solo apparire o rispondere, ma essere ma essere scelti come fonte e raccontati nelle sintesi generative.
- SEO fa trovare
- AEO fa rispondere
- GEO fa raccontare
La differenza è strategica: si partecipa ai dialoghi digitali.
Con Google AI Mode e formati generativi come AI Overviews e Web Guide, questi dialoghi diventeranno sempre più frequenti.
Gli shopping agent stanno diventando veri intermediari d’acquisto sempre più concreti: suggeriscono prodotti, monitorano prezzi, comprendono preferenze, confrontano alternative, verificano la disponibilità nei negozi locali e in alcuni ecosistemi stanno iniziando a supportare anche il checkout. Sono personal shopper autonomi, senza errori e senza tempi morti.
Le partnership stanno diventando un vantaggio competitivo nella GEO perché rendono i dati del brand direttamente accessibili agli assistenti. Non è solo visibilità, è integrazione nel processo decisionale: Expedia integra il proprio database in ChatGPT; OpenTable è oggi la fonte primaria di prenotazioni via AI; The Atlantic ha registrato +80% di traffico grazie a un accordo editoriale con OpenAI; Instacart permette agli assistenti di generare carrelli completi. Chi apre i propri dati diventa una fonte privilegiata.
Cosa serve ai brand per prepararsi al nuovo scenario?
- Accessibilità agli LLM
- Machine readability e sintesi
- Authority diffusa
- Contenuti modulari
- Ottimizzazione per AI Overviews
- Coerenza dei dati cross-canale
Il feed di prodotto diventa il linguaggio con cui un brand parla agli algoritmi. Un singolo attributo scritto correttamente – materiale, colore, disponibilità, prezzo, variante – può determinare il ranking all’interno di un assistente AI. La GEO non è solo contenuto: è qualità del dato + struttura + accesso.
Quali contenuti devono produrre i brand per essere visti dalle AI generative?
Testo strutturato, answer-first
Google AI Mode,Overviews e WebGuide privilegiano fonti con struttura chiara e estrattiva: guide, how-to, comparazioni, glossari, FAQ specifiche.
Dati strutturati (schema.org)
È uno degli elementi più importanti: Product, Organization, FAQPage, HowTo, Review, Article/NewsArticle, VideoObject, ImageObject. Non è un dettaglio tecnico: è come un brand dichiara entità e relazioni ai modelli.
Immagini e video
Alt text descrittivi, metadati coerenti, trascrizioni e caption informative: fondamentali per VEO (Video Engine Optimization) e per i modelli multimodali.
Social e UGC come fonti indicizzate
- YouTube è uno dei principali motori di ricerca al mondo. Titoli, descrizioni, capitoli e trascrizioni forniscono contenuti strutturati che l’AI può capire e riusare nelle risposte.
- Reddit è una delle principali fonti UGC per capire bisogni reali e confronti tra brand. Thread e commenti alimentano il modo in cui i modelli interpretano problemi, soluzioni e percezione dei prodotti.
- Instagram è ora indicizzato e compare già nell’11% delle ricerche italiane: caption, hashtag e geotag diventano segnali leggibili anche per gli LLM, non solo per i social.
Best practices integrate SEO + GEO
- Query naturali e orientate a intenti reali
- FAQ, elenchi, guide con definizioni brevi subito disponibili
- Hashtag pertinenti e caption informative
- Alt text descrittivi e coerenti con il contesto
- Geotag segnali locali quando rilevanti
- Schede prodotto complete e sempre aggiornate
- Contenuti frammentabili
Verso il 2028: dal click alla conversazione
- Declino dei click in SERP dove la risposta AI è sufficiente
- Social come palcoscenico emozionale
- LLM come consulenti d’acquisto
- crescita dell’AI-to-AI commerce
Con Google AI Overviews (e formati affini) integrati nel search journey, sempre più traffico arriverà direttamente dalle risposte AI.
Per i brand questo implica un nuovo posizionamento: non farsi trovare, ma farsi selezionare.
I contenuti del futuro
- Conversational Optimization
- Metadati e single-touchpoint readiness
- Dataset e API aperte
- Multimodalità machine-readable
- Storytelling per social, precisione per LLM
- Google AI Mode come ponte
- La qualità del contenuto diventa un requisito tecnico, non solo narrativo.
Conclusione: la SEO è viva, ma ha cambiato voce
La SEO è diventata conversazionale e generativa.
I motori non leggono soltanto: interpretano, scelgono e raccontano.
Le aziende che renderanno i contenuti AI-ready saranno le voci che l’AI sceglierà di citare.
Occorre diventare la scelta logica dell’AI, non solo degli utenti.
E nella competizione per entrare nei paragrafi generati dall’AI, non vince chi urla di più, ma chi è più chiaro, più strutturato e più citabile.
Fonti