Zanotti e Bommartini, The Story Lab (dentsu): «Non basta investire, bisogna conoscere il linguaggio del target»
Tommaso Zanotti, Content Marketing Manager, e Alberto Bommartini, Client Leader di The Story Lab, sigla di dentsu specializzata in progetti di content entertainment, illustrano il loro punto di vista su Twitch
Twitch, la principale piattaforma di streaming in diretta di videogiochi di proprietà di Amazon, sta emergendo come nuovo e interessante mezzo per la comunicazione e il marketing delle aziende, che lo utilizzano per raggiungere consumatori giovani, fidelizzati e molto affezionati al proprio streamer preferito.
Per questo Engage ha scelto di dedicargli un approfondimento speciale. Il reportage, il primo del suo genere in Italia, ha l'obiettivo di coinvolgere chi lavora negli ambiti della pianificazione e della creatività per comprendere quali siano le opportunità offerte dallo strumento e quale ruolo occupi nel media mix dei brand.
Durante i periodi di lockdown Twitch, analogamente a quanto avvenuto con altre piattaforme di streaming, ha registrato un netto aumento di traffico e utenza. Un fenomeno che ha avuto la conseguenza di risvegliare l'interesse dei marchi e degli inserzionisti nei confronti della piattaforma viola.
Ma non basta semplicemente investire su Twitch per fare breccia nel cuore (e nel portafogli) della sua audience, è fondamentale infatti parlare il linguaggio del target, in uno spazio in cui il messaggio pubblicitario non ha margini di rielaborazioni. È il punto di vista di Tommaso Zanotti, Content Marketing Manager, e Alberto Bommartini, Client Leader di The Story Lab, sigla internazionale di dentsu specializzata in progetti di content entertainment.
Da quello che avete potuto riscontrare fino ad oggi, il modo in cui i brand guardano ai videogiocatori in quanto target è cambiato? Se sì, in che modo?
TZ: «Nell’ultimo periodo, gli ultimi 12-18 mesi, la considerazione che i brand hanno del mondo dei gamer è cambiata radicalmente. Si è arrivati alla consapevolezza che parlare ai gamer non significa rivolgersi ad una nicchia di persone che ha soltanto interessi verticali e legati al mondo videoludico. I gamer rappresentano un’audience ampia e che si muove in una varietà di interessi laterali che fanno riferimento anche e soprattutto al mondo del mass market.
Diventano perciò un’opportunità di business enorme da esplorare per brand legati ad interessi affini. Inoltre parlare ai videogiocatori significa rivolgersi ad un target molto giovane, ritenuto da sempre uno dei più difficili da raggiungere. Un target importantissimo, e dunque diventato centrale a livello di comunicazione, per i brand che hanno interesse a lavorare sui prospect e sul pubblico che domani avrà il potere d’acquisto maggiore.
Oltretutto oggi i gamer non sono più una nicchia marginale neanche in termini numerici, ed ecco spiegata la considerazione e l’attenzione crescente da parte dei brand. Basti pensare che di recente Twitch è diventato anche terreno elettorale nella corsa alla Casa Bianca. Alexandria Ocasio-Cortez, la deputata più giovane della storia USA, si è cimentata in uno streaming live dove, tra una partita a Among Us e un po’ di just chatting (la categoria di trasmissioni dove gli streamer chiacchierano e basta, ndr) con gli utenti, ha parlato naturalmente di temi politici ed elezioni. Politica 3.0, il modo migliore per arrivare al pubblico più giovane».
In questi ultimi mesi, soprattutto durante il lockdown, è stata registrata una crescita esponenziale dell'utenza delle grandi piattaforme di streaming, tra cui Twitch. Avete riscontrato anche uno speculare aumento dell'interesse degli inserzionisti nei confronti della piattaforma, considerando anche l'attenzione sempre maggiore nei confronti del mondo dei videogiochi?
AB: «Siamo convinti che il lockdown abbia accesso i riflettori sulla crescita delle piattaforme di streaming (anche audio, pensando al mondo dei podcast), ma che la strada fosse già segnata: parliamo di piattaforme dove il contenuto rimane l’elemento fondamentale, dove si vive un principio di sharing (lo streaming è uno sharing video), di confronto (con live chat sempre molto attive) e di partecipazione (Twitch ha un sistema di crowdfunding molto interessante e partecipato).
Di pari passo è aumentato l’interesse degli inserzionisti e l’investimento dei brand in attività di branded content e di influencer marketing legate al mondo di Twitch. Come sempre, i trend diventano un motivo di interesse per i marchi, ma è fondamentale considerare l’importanza di parlare il linguaggio del target a cui andiamo a rivolgerci, senza investire unicamente per cavalcare una moda».
A quali categorie merceologiche appartengono i brand maggiormente interessati ad investire su Twitch? Quali audience ricercano?
AB: «Nella pianificazione media ci stiamo già da qualche anno allontanando dal semplice investimento su target socio-demo, quindi è fondamentale conoscere il target a cui si vuole parlare, che condivide degli interessi differenti: i brand che maggiormente si sono interessati a Twitch sono quelli che condividono i valori degli utenti che vivono la piattaforma, giovani (il 33% ha fra i 16 e i 24 anni), freschi, esperti di tecnologia, ma appassionati di varie tematiche (dallo sport al gaming, dalla cucina alla musica). Il primo punto è che parliamo, in generale, di nativi digitali, che conoscono la piattaforma meglio degli advertiser stessi: questo è un punto da tenere in considerazione come una priorità assoluta».
Generalmente, le campagne pubblicitarie su Twitch sono realizzate con obiettivi di performance o di brand awareness?
AB: «Il contenuto rimane al centro dello storytelling, quindi l’obiettivo principale è quello di lavorare sulla brand awareness, ma è l’interesse per il contenuto stesso e il brand/prodotto raccontato a rendere efficace anche la performance, con dei formati advertising dedicati ad obiettivi drive-to-site. Inoltre, parliamo di una performance non diretta e sempre tracciabile, ma indotta e che possiamo considerare come earned».
Quali opportunità e quali prospettive per le aziende sta offrendo il mondo degli esport, in relazione allo streaming su Twitch ma non solo?
TZ: Anche se gli esport sono un movimento in crescita, si tratta comunque di un’audience meno ampia e più verticale rispetto a quella che i brand possono raggiungere attraverso i social già affermati come Facebook e Instagram. Gli esport però, attraverso Twitch ma non solo, aprono ai brand le porte in particolare verso un pubblico difficilmente raggiungibile come la Generazione Z.
Dal punto di vista creativo e del planning & buying, Twitch offre degli sbocchi inediti o possibilità particolari?
TZ: «Sicuramente il fatto che Twitch si basi esclusivamente sul live è di per sé quasi una sorta di unicum nel mondo dei social media long form, ma insegue il principio di un contenuto che nasce sul momento come le stories di Instagram. Ne consegue che l’influencer marketing, la strategia più efficace su Twitch, viene interpretato in una maniera peculiare rispetto alle altre piattaforme social: è un adv in diretta che non lascia margini a rework, ma integra in tempo reale il prodotto e il marchio, senza un passaggio di post-produzione. Questo permette di valorizzare ancor di più l’affinità tra il brand e l’influencer, dato che più questa è forte e coerente, più il messaggio è credibile ed è ritenuto genuino dalla community. Da questo rapporto deriva la sua effettiva efficacia.
Dal punto di vista del planning & buying, le opportunità sono varie. Dalla display più tradizionale, a contenuti video, acquistabili sia in modalità reservation (con una prenotazione giornaliera), sia in ottica più vicina ai pre-roll tradizionali. La particolarità risiede nella possibilità di erogare advertising sia sui canali tematici e verticali, sia su quelle che vengono definite "archive pages" dove vengono raccolte varie rubriche e contenuti multi-tematici».
Dal vostro punto di vista, in che modo i brand stanno applicando l'influencer marketing in ambiente Twitch? Ci sono aspetti peculiari in proposito che riguardano i creator, contenuti, pubblico, prodotti, ecc.?
TZ: «I brand si stanno muovendo per ora molto in ottica advertising tradizionale. Sta proprio qui il vantaggio che si può ottenere: inserirsi in un linguaggio che è molto verticale, specifico, proprio della piattaforma, con dei progetti di branded content, intercettando e integrando il brand e il prodotto nei contenuti dei creator, nel loro storytelling quotidiano.
La credibilità che si crea verso gli utenti ha un sicuro impatto e offre al brand la possibilità di dare maggior valore alla sua comunicazione. Va inoltre tenuto presente che su Twitch non esiste solo il mondo del gaming, ma prendono sempre più piede altri settori in cui i creator sono stati in grado di sfruttare al meglio le peculiarità dello strumento. Sulla piattaforma si possono trovare contenuti legati alla musica, alla cucina, fino ad arrivare al disegno e al just chatting».
Ci sono progetti realizzati per qualche cliente che volete condividere con il mercato?
TZ: «Ci siamo mossi con varie attivazioni, ma quella più interessante riguarda forse un progetto di branded activation all’interno dei canali dei creator, per intercettare le loro audience e fidelizzarle con un contenuto che sia credibile ed efficace. È il caso di Fonzies, brand tra i primi ad attivarsi su Twitch, durante il lockdown, con 3 macro obiettivi: parlare ad un target giovane, farlo in un momento di silenzio per il brand, e creare un collegamento valoriale con il mondo del calcio, territorio che per Fonzies è fondamentale.
Per farlo, abbiamo creato una vera e propria collaborazione con Gli Autogol, creator che sono sbarcati su Twitch in maniera importante, ed HelloDì, content media house leader nel mondo dello sport e dell’intrattenimento, creando un torneo (Fonzies Cup), giocato live con alcuni talent. Il progetto è stato efficace, tanto che ci siamo mossi per consolidare la presenza sul target e la collaborazione con i talent per tutto il Q4, con dei momenti di live dedicati al calcio che Gli Autogol tengono prima e dopo i match di serie A e non solo».