In tempo di Coronavirus, è emerso ancor di più come sia importante, per le aziende che comunicano, apparire accanto a contenuti non solo "sicuri", ma anche adatti, appropriati a uno specifico brand. Per questo nel mercato, accanto al concetto di brand safety, si sta facendo strada un nuovo termine, destinato a diventare presto parte del linguaggio quotidiano del mondo della pubblicità digitale: la Brand Suitability. Abbiamo chiesto a Elisa Lupo, Managing Director Italia di IAS, che di questo termine si è fatto da tempo portavoce nella industry, dedicandovi anche una guida pratica, cosa significa e perché è così importante per le aziende da tenere a mente quando si decide dove acquistare gli spazi pubblicitari.
Elisa, nel mercato si parla tanto di Brand Safety ma ancora poco di Brand Suitability. Cosa c'è dietro questo termine e perché è importante per le aziende?
«La brand suitability è l'evoluzione da ciò che è considerato sicuro (per tutti) a ciò che è adatto, appropriato per quel brand, quel prodotto specifico in quel particolare contesto. La brand suitability utilizza tecnologie semantiche cognitive. Ricorda che mentre le keyword potrebbero essere presenti in tutti i titoli di notizie, ci sono modi migliori e sempre più popolari per applicare la brand suitability. La tecnologia cognitiva semantica consente ai marketer di individuare i contesti e il sentiment che portano risultati in modo più efficace. Questa non è solo una forte espressione dei principi del libero mercato usando la tecnologia per capire cosa funziona meglio, ma apre ai marketer una maggiore inventory che alcuni si sentirebbero altrimenti insicuri nell'acquistare. Pertanto, la brand suitability va ben oltre l'applicazione delle keyword. Se utilizzate da sole, le parole chiave non rappresentano una strategia a tutto tondo, piuttosto fanno parte della strategia e possono essere utili per mitigare rapidamente i disallineamenti di annunci e destinazioni di contenuto. Andare oltre le keyword, con una strategia globale e articolata di brand suitability, offre ai marketer l'opportunità di entrare in sintonia con i consumatori in modo ponderato e appropriato, con impatti minimi su reach e scalabilità. In questo senso, IAS si impegna a fornire le migliori soluzioni tecnologiche per l'intero settore. Man mano che il mondo si adatta al Coronavirus e oltre, rimanere informati sui fatti andrà a beneficio della salute generale dell'ecosistema digitale».
A proposito di Coronavirus, l'emergenza sanitaria ha provocato grandi trasformazioni nel comportamento mediatico delle persone. Che cambiamenti ha fatto IAS per supportare i propri clienti ad entrare in sintonia con le persone e le loro emozioni durante la pandemia?
«Innanzitutto, a nome di IAS, vorrei ringraziare in modo particolare tutti gli operatori sanitari, i funzionari della pubblica sicurezza e tutti gli altri in prima linea che lavorano per mantenere le nostre comunità al sicuro nel bel mezzo della situazione attuale. All'interno di IAS siamo fortemente focalizzati sul Coronavirus e sulla pubblicità adiacente a contenuti che lo richiamano. Allo stesso modo in cui il mondo sta affrontando la nuova normalità, anche i professionisti del marketing e dell'editoria si stanno adattando e, lato nostro, abbiamo investito in una serie di ricerche che mettono a disposizione informazioni aggiornate per supportarli nella loro attività decisionale. In fin dei conti, il nostro brand è fiducia e trasparenza nell'ecosistema dei media digitali ed è fondamentale, ora più che mai, che supportiamo i nostri clienti e soddisfiamo le loro esigenze attuali e future. Siamo stati in costante contatto con loro, offrendo approcci creativi per raggiungere i loro obiettivi. IAS ha aiutato i clienti, i partner e il settore con una cadenza costante di ricerche e linee guida pertinenti sulla situazione attuale e sulle strategie per il futuro a lungo termine. Stiamo producendo contenuti e strumenti educativi sia per i nostri clienti che per il settore in generale. Abbiamo pubblicato il nostro Media Quality Report standard di settore, che è sempre seguito molto attentamente dal settore in tutto il mondo. In quanto società basata sui dati, abbiamo esaminato attentamente come sono cambiati i comportamenti delle persone negli ultimi mesi, in particolare da quando lavoriamo tutti da casa. Ciò che abbiamo scoperto è che le persone trascorrono più tempo sui siti di notizie e cercano attivamente informazioni sul Coronavirus. Quello che abbiamo anche visto è che l'adiacenza degli annunci vicino ai contenuti collegati o riguardanti il Coronavirus è vista più o meno positivamente a seconda del brand - ad esempio, la pubblicità di viaggi vicino a un articolo sul coronavirus è considerata inadatta, mentre la pubblicità sanitaria e governativa sarebbe più accettata».
E per quanto riguarda il mercato, invece, quali tendenze hai visto emergere nelle ultime settimane?
«Una delle maggiori tendenze che stiamo vedendo è la necessità di supporto e formazione sulle strategie di brand safety e suitability. Comprensibilmente, molti brand hanno (e lo stanno ancora facendo) valutato dove vogliono e non vogliono apparire online in questo momento. Abbiamo fornito consigli e indicazioni ai nostri clienti, sia lato acquisto che vendita, per spiegare loro le best practice di brand safety in questo momento».