Si fa quasi fatica a ricordare com'era il mondo e com'erano le relazioni prima dell'arrivo della pandemia.
Se mi sforzo di guardare indietro, al 2019, mi vedo a scuola insieme ai miei compagni, con l'unica grande preoccupazione dell'esame di Maturità che avremmo dovuto affrontare entro pochi mesi. Posso sentire la campanella suonare, per la fine delle lezioni e per dare inizio alla nostra parte preferita della giornata: il pomeriggio. Ogni studente occupa il proprio tempo libero a disposizione come meglio preferisce; c'è chi fa sport, chi si rilassa e chi sceglie di uscire in compagnia della propria cerchia di amici. Ogni occasione è un'opportunità per consolidare il legame con gli altri, o per fare nuove conoscenze e nuove amicizie; ogni nuova attività fatta insieme ci permette di ampliare i nostri orizzonti. Siamo giovani, siamo spensierati, siamo affamati di vita e di esperienze. Ma quelli eravamo noi prima della pandemia. Perché c'è un prima e un dopo.
Con l'arrivo delle restrizioni, la socialità di noi ragazzi è stata completamente disintegrata. Niente più lezioni a scuola, niente più compagni di classe e niente più pomeriggi di svago. Ci siamo ritrovati costretti a stare chiusi in casa per la quasi totalità delle nostre giornate, annullando completamente tutti i contatti fisici: anche solo una stretta di mano, una pacca sulla spalla, un abbraccio di conforto rappresentavano un pericolo. Per un certo periodo, abbiamo dovuto smettere di vedere i nostri nonni, i nostri zii, i nostri amici e le nostre fidanzate. Così le quattro mura di casa diventano il solo nostro mondo, le nostre giornate si tramutano in un disegno vuoto, spoglio, fatto solo di linee e contorni senza colore.
La tecnologia come ancora di salvezza durante la quarantena.
Il nostro innato spirito di adattamento ci ha spinto a reinventarci, e a reinventare il nostro modo di comunicare e di mantenere vivi i legami con le altre persone. Madre di questo cambiamento è stata senza dubbio la tecnologia moderna. Non potendo più incontrare altre persone dal vivo, siamo stati costretti a socializzare e a mantenerci in contatto sui Social Network e sulle principali piattaforme di gioco. Queste tecnologie ci hanno permesso di mantenere accesi i legami e i rapporti umani con le altre persone: una chiacchierata su WhatsApp, uno scambio di post divertenti o magari giocare insieme una partita a FIFA online, sono state alcune delle cose che hanno sostituito le lunghe chiacchierate al bar, le folli serata in discoteca o le classiche partite di calcetto.
Gli effetti che la pandemia ha avuto sulla socialità dei giovani
Il nostro modo di interagire e di relazionarci con il mondo esterno è mutato radicalmente per cause di forza maggiore, sulle quali non avevamo il benché minimo controllo. E poi, piano piano, il mondo ha ricominciato a ripartire, a piccoli passi ci siamo fatti forza e abbiamo cercato di ritornare a quella normalità che dopo due anni di restrizioni sembrava così lontana e irraggiungibile. I bambini sono tornati al parco a giocare seguiti dai nonni, gli adulti hanno salutato lo smart working e sono tornati in ufficio, e noi Zedders abbiamo ricominciato a frequentare le lezioni, a fare attività sportiva e ad uscire tutti insieme come siamo sempre stati abituati a fare. Questi due anni intensi e difficili però ci hanno sicuramente cambiato. Ci hanno insegnato molto, come l'importanza di quei piccoli gesti che possono fare la differenza per la collettività. Ma allo stesso tempo hanno provocato degli "effetti collaterali" che hanno modificato in modo significativo le nostre abitudini di un tempo.
Ad esempio, se prima andare in discoteca, o trascorrere una serata all'insegna del divertimento in un quartiere affollato della propria città, era la cosa più divertente che si potesse fare in compagnia dei propri amici, adesso invece in molti preferiscono stare in disparte, magari addirittura a casa, o al limite con una cerchia ristretta di persone fidate. Abbiamo conosciuto l'isolamento, un isolamento autentico, e a qualcuno è piaciuto così tanto che non ne è più uscito. In trappola, davanti allo schermo di un pc o di una consolle. Noi giovani di oggi siamo figli della tecnologia che in parte ci ha "salvato" tenendoci connessi, distraendoci in qualche modo dalle cose orribili che accadevano intorno a noi; eppure nel frattempo abbiamo perso qualcosa. Abbiamo perso quella voglia matta di commettere qualcosa di sciocco, e abbiamo dovuto responsabilizzarci prima del tempo, ed in noi è nato e cresciuto il seme della paura. Paura del contatto, paura della folla, paura di non essere ascoltati, visti, capiti. Paura di non riuscire più a comunicare tra di noi come un tempo, ma solo attraverso un vocale su Whatsapp o un meme su Instagram.