Insieme a Publicis Groupe, che ne ha dato annuncio anche lei oggi, IPG è l’ultima holding a decidere di sospendere le sue attività in Russia in segno di disapprovazione rispetto alla guerra in Ucraina.
A rivelare le intenzioni del gruppo è un messaggio inviato a tutto lo staff di IPG dal Ceo Philippe Krakowsky poi pubblicato sul profilo LinkedIn della holding. Nel messaggio ai team del gruppo, il Ceo ha spiegato la logica alla base del ritiro dalla regione russa, citando i negoziati per il cessate il fuoco falliti e l'escalation degli attacchi contro obiettivi civili, come gli ospedali.
All'inizio IPG sperava di mantenere il suo presidio attivo in Russia a favore dei circa 200 dipendenti che conta nella regione, ma Krakowsky ha affermato che "la traiettoria del conflitto si sta intensificando e la guerra potrebbe continuare per qualche tempo".
La holding lascerà i suoi tre network creativi russi con abbastanza denaro nei loro bilanci per pagare i dipendenti almeno per i prossimi sei mesi. Inoltre, lavorerà con i team locali per la transizione dei clienti non russi che rimarranno attivi sul mercato.
"Purtroppo, non ci sono risposte a questa crisi che siano facili o assolute: ogni organizzazione dovrà determinare il percorso migliore per loro", ha scritto Krakowsky. "La realtà è che siamo nelle prime fasi di un momento storico che tutti elaboreremo e affronteremo negli anni a venire".
La decisione di IPG di ritirarsi dalla Russia segue quella del WPP, che ha sospeso le operazioni nel paese il 4 marzo. WPP ha 1.400 dipendenti in Russia.
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Le holding pubblicitarie si sono unite al coro di piattaforme, broadcaster e brand che hanno cessato o ridimensionato in modo significativo le attività in Russia, tra cui McDonald's, Starbucks e Unilever, ma anche Netflix, Spotify, Amazon e le piattaforme social.
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Intanto, il Ceo Krakowsky descrive l’impegno profuso dalle persone, dalle agenzie e dall’intera holding a sostegno della popolazione ucraina e dei rifugiati in fuga dal conflitto.
Rispetto alla Russia, Krakowsky dichiara che le riflessioni su come agire sono state lunghe e profonde: “Più che una decisione commerciale, questo è stato un difficile dilemma morale da affrontare per me e per il nostro team dirigenziale”, recita ancora il memo, facendo esplicito riferimento ai dipendenti attivi nella regione, ma alla necessaria esigenza di adeguarsi alla linea sanzionatoria adottata a livello internazionale contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina.