Calo del 17% nel 2020 per il mercato pubblicitario italiano rispetto all'anno precedente.
È questa la previsione che emerge dalla survey effettuata in queste settimane tra i suoi associati da UPA, l’associazione che riunisce i più importanti investitori pubblicitari in Italia.
Il dato non si discosta di molto dalle stime già diffuse, per esempio, dall'Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano che ha parlato di un calo del 18% (leggi qui) o da GroupM (WPP) che già a maggio dichiarava una diminuzione tra il 17% e il 20% (leggi qui).
Nessuna voce furi dal coro, dunque: investitori, operatori e enti terzi sono concordi nell'affermare che il mercato pubblicitario italiano quest'anno subirà pesantemente gli effetti della pandemia di Coronavirus.
L'analisi per settori di UPA
Rispetto al -17% restituito dalla ricerca UPA, l'associazione - attraverso la voce del suo
Presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi - descrive poi gli andamenti per ciascun settore, precisando: «
Si tratta di una previsione che riguarda soprattutto il settore del largo consumo (alimentari, bevande, cura della casa, cura della persona), mentre per i beni durevoli (a eccezione dell’auto) e i servizi (a eccezione dell’industria alberghiera), le previsioni potrebbero essere migliori di circa un punto».
Il quadro resta critico e riguarderà, secondo UPA, principalmente «i grandi investitori (che investono oltre 80 milioni l’anno)
e i piccoli (che investono fino a 5 milioni l’anno), mentre i medi e medio grandi (40-80 milioni l’anno) ridurranno i loro investimenti in comunicazione in misura inferiore», precisa ancora il Presidente.
Ma non mancano segnali positivi che, in parte, possono mitigare queste percentuali: «Gli effetti dell’emergenza sanitaria hanno inciso pesantemente nei due mesi del lockdown, mentre
già da maggio assistiamo a una progressiva ripresa che dovrebbe portare a una chiusura d’anno tutto sommato meno negativa delle attese», conclude Sassoli de Bianchi.