Con la pandemia, abbiamo tutti avuto modo di osservare dei significativi cambiamenti nella comunicazione delle aziende. L’enfasi si è spostata dai prodotti e dai servizi ai valori, a iniziative e progetti riguardanti temi di rilevanza sociale, ambientale e politica.
Secondo questa nuova tendenza, i brand, quando interloquiscono con i consumatori o cercano di farlo, non lo fanno a scopi solo commerciali, volti alla vendita, ma anche e soprattutto per trasmettere ciò in cui credono, le loro opinioni su questioni di interesse collettivo, cosa stanno facendo o cosa vorrebbero fare per rendere il mondo un posto migliore in cui vivere.
Ne hanno parlato a Engage Conference, in una tavola rotonda dedicata, Pasquale Borriello, CEO di Arkage, Jordi Guitart, Marketing Director di Danone, Manuel Musilli, Direttore Creativo Esecutivo di Saatchi & Saatchi, e Alessandro Soldati, Business & Innovation Manager di Being.
Trattando il fenomeno del brand activism, Guitart ha fornito il punto di vista di una grande azienda investitrice come Danone, dichiarando in maniera inequivocabile che le «aziende che crescono sono quelle che mettono al centro il consumatore, che al giorno d’oggi non compra prodotti ma sceglie il brand e i suoi valori. E soprattutto è stanco delle parole e chiede alle aziende di passare all’azione».
Appare evidente che quindi i valori hanno un’influenza tale da avvicinare o allontanare le persone dalle aziende. Ne è fermamente convinto Borriello: «La cosiddetta value based comunication implica che l’azienda abbia ben presente quale sia il suo ruolo nel mondo, avendo ben chiaro il suo scopo in modo tale da esplicitarlo in termini di comunicazione. Ma ciò deve avvenire in maniera autentica».
Ma come comunicano, in questo contesto, le realtà senza scopo di lucro, come le organizzazioni non governative e altri enti benefici? Lo ha spiegato Soldati, descrivendo quanto osservato da Being, specializzata proprio nell’ambito no-profit: «Se prima la comunicazione no-profit metteva al centro l’organizzazione, oggi si prova a mettere al centro il pubblico, responsabilizzandolo fino al punto di realizzare la missione dell’ente e abbracciare i suoi valori».
I partecipanti alla tavola rotonda hanno infine concluso il confronto cercando di prevedere come si evolverà questo scenario e quali saranno le sfide future per le aziende intenzionate a intraprendere un percorso di comunicazione votato all’impegno e alla responsabilità: «L’aspetto più complesso per chi fa il nostro lavoro è ragionare su un orizzonte temporale più ampio rispetto a quello a cui siamo abituati: i valori si costruiscono nel tempo, così come le battaglie sociali che si vogliono sposare non possono esaurirsi nella durata di singole campagne o mode. Non dobbiamo chiederci com’è il mondo oggi e cercare di stargli dietro ma chiederci come vogliamo come sia il mondo tra dieci anni e come un brand può essere parte del cambiamento», ha concluso Musilli.