L’advertising digitale si avvia a chiudere l’anno con un calo del fatturato ma con un risultato migliore del resto del mercato della pubblicità. A diro è stato Carlo Noseda, presidente di IAB Italia, aprendo i lavori della seconda giornata di IAB Forum.
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«Il Covid-19 ha colpito molto duramente tutta l’industria dell’advertising, con una spesa stimata a circa 7,6 miliardi di euro nel 2020 e una perdita dunque di oltre 1 miliardo di euro rispetto al 2019», ha detto Noseda. «In questo scenario molto difficile, il mondo online si avvia a chiudere l’anno con una diminuzione della raccolta compresa tra il -4% e il -8%, pari dunque a 3,05 e 3,19 miliardi di euro». Determinante, per capire se il risultato sarà più o meno positivo, sarà l’andamento da qui a Natale.
«In Italia televisione e digitale si dividono ormai quasi la stessa share di raccolta pubblicitaria», ha poi sottolineato Noseda. Nel 2020 l’internet advertising rappresenterà infatti, secondo le stime dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, il 41%-42% della raccolta pubblicitaria complessiva (contro il 38% del 2019), discostandosi per la prima volta in assoluto di un solo punto dalla tv che dovrebbe detenere tra il 42%- 43% del mercato (42% nel 2019).
Nel corso dell’anno siamo passati da stime molto negative, nei mesi più duri del lockdown, ad una visione più ottimistica del mercato in estate. Ora però, ha quindi detto Andrea Lamperti, Co-Direttore dell’Osservatorio Digital Content del Politecnico di Milano, «stiamo assistendo ad una seconda ondata anche per la pubblicità. Chi, dopo la ripresa estiva, ha creduto che il digital advertising potesse chiudere l’anno in pari si è dovuto ricredere».
Nel mercato della pubblicità digitale aumenta inoltre la concentrazione. «La quota degli Ott dovrebbe passare dal 76% del 2019 al 78% del 2020, il che indica che i grandi colossi tecnologici hanno subito meno i contraccolpi del Coronavirus, come d’altronde hanno già messo in luce i bilanci di questa società. Il ritorno alla crescita e il rimbalzo dei mesi estivi, che ha coinvolto tutto il settore, ha riguardato però in primis gli Ott».
«La crescita della posizione dominante dei colossi della rete ha creato una distorsione di mercato, non più sostenibile per le aziende che operano nel mercato della pubblicità online, media inclusi», ha aggiuno Noseda.
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«È urgente correggerlo, e permettere a tutti gli operatori, editori, concessionarie, agenzie specializzate e ad-tech, di giocare alla pari con chi può avanzare tecnologicamente grazie a risorse finanziarie legate a un’imposizione fiscale quasi inesistente».
Analizzando i formati pubblicitari, ha detto ancora Lamperti, «il video continua la sua corsa e aumenta la sua quota raggiungendo il 33% della spesa complessiva, pur avviandosi a chiudere l’anno con un calo del giro affari compreso tra l'1% e il 6%. Soffre la display, secondo formato del mercato con il 32%, con una diminuzione del fatturato compresa tra il 5 e il 9%. Va meglio la search, in grado di mantenere il 28% di quota con un calo dei ricavi atteso nell’ordine del -3/5%».
Kantar: gli spender aumenteranno gli investimenti sul digitale nel 2021
Dal palco di IAB Forum 2020 Federico Capeci, Ceo Insights Division Kantar - Chief Digital Officer, ha quindi presentato uno studio della società, da cui si evince che la percezione degli investitori per il 2021 evidenzia la forte attrattività verso il digitale nelle sue diverse accezioni.
Il significativo saldo netto positivo degli investitori segnala che saranno più le aziende che hanno intenzione di incrementare gli investimenti media nell’online rispetto a quelle che ridurranno l’allocazione di risorse su questi canali. In particolare, online video ads (65%), social media stories (55%) & feeds sponsoring (54%), come anche il podcast (41%) e gli ads nella televisione in streaming (36%) sembrano catalizzare l’interesse dei marketer.
Saldo netto pressoché stabile, invece, per la pubblicità più tradizionale, ovvero tv, radio, la sponsorizzazione di programmi tv ed il digital out of home. Parrebbero infine meno attrattivi per il prossimo anno gli investimenti nell'out of home tradizionale, nei magazine, nei quotidiani e sugli schermi cinematografici.
Online e offline, due mondi paralleli che si incrociano di continuo
La componente internet, così rilevante per il settore pubblicitario, è diventata quest'anno una leva strategica più importante anche per altre industrie che sempre di più di si affidano al mix on e offline per comunicare ai rispettivi target.
Secondo l’Osservatorio eCommerce B2c Politecnico di Milano, il mondo retail, per anni esempio indiscusso della fisicità del contatto col cliente, ha ad esempio modificato radicalmente il proprio approccio: ci sono così colossi del retail che hanno spostato le vendite in store verso l’e-commerce e grandi gruppi delle vendite online che propendono ora per l’omnicanalità, affiancando al digitale l’apertura di negozi fisici.
Su un campione di 300 top retailer, oltre l’81% presidia i canali digitali tramite l’e-commerce per iniziative di vendita (dato in aumento rispetto al 79% del 2019), l’80% se si parla di mobile commerce (76% nel 2019). Inoltre, su un campione di 243 retailer con un sito di e-commerce, oltre il 34% (32% nel 2019) dichiara di offrire servizi come Click& Collect (65% contro il 62 nel 2019) o la possibiltià di reso in negozio degli acquisti fatti online (34% contro il 32% nel 2019).
Non stupisce dunque che il 70% delle aziende dichiari di voler includere l'omnicanalità nei propri piani strategici aziendali.
«Questo riassetto del retail e le prime risposte delle aziende italiane», ha concluso Noseda, «sono un chiaro esempio di quello che noi in IAB chiamiamo ‘metaverse’, ossia due mondi paralleli che si incrociano di continuo senza che uno sia esclusivamente sostitutivo dell’altro. Innovazione tecnologica, lettura dei dati, nuove strategie di marketing e comunicazione digitale, tutto concorre alla relazione con un consumatore radicalmente cambiato dall’emergenza. Oggi non solo chi si occupa di marketing, ma più in generale chi gestisce un business dovrà tenere presente più dimensioni, facendo leva su sull’una o sull’altra in base al consumatore. Perché siamo nell’era di un’esperienza utente non solo personalizzata, ma sempre più vicina ai valori dei singoli attratti sì dalla creatività e bontà del prodotto, ma soprattutto da un brand che li rappresenta».