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21/10/2024
di Lorenzo Mosciatti

La nuova Web Tax, Netcomm: «Un freno all’innovazione digitale delle imprese italiane»

Dura posizione del Consorzio sulla proposta del Governo Meloni di eliminare dalla Digital Tax il tetto minimo di fatturato per la sua applicazione

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Arrivano le prime prese di posizione delle associazioni del digital al progetto del Governo Meloni di rivedere la Web Tax e di applicarla a tutte le imprese digitali, rimuovendo dunque il limite dimensionale di 750 milioni di euro di ricavi a livello mondiale e di 5,5 milioni di euro di ricavi in Italia. Netcomm, il consorzio del commercio digitale in Italia, definisce la proposta “una minaccia diretta all'innovazione e alla competitività del nostro tessuto imprenditoriale”. 

Mentre i Paesi dell’Unione Europea si impegnano a promuovere la crescita del settore digitale, sottolinea Netcomm, “l’adozione di misure fiscali punitive nel nostro Paese rischia di frenare la trasformazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese, già in difficoltà all’interno del contesto internazionale. Negli ultimi anni, il governo italiano ha implementato la Web Tax, introducendo un’aliquota del 3% sul fatturato delle imprese digitali, con l’intento di garantire un gettito fiscale equo. Tuttavia, la recente proposta di rimuovere il limite dimensionale di 750 milioni di euro di ricavi a livello mondiale e di 5,5 milioni di euro di ricavi in Italia significa che anche le piccole e medie imprese, già gravate da costi operativi elevati, potrebbero essere colpite da questa tassa”.


Leggi anche: WEB TAX, IL GOVERNO MELONI VUOLE ELIMINARE LE SOGLIE: IMPOSTA DEL 3% SENZA LIMITI DI RICAVI


Secondo Netcomm, “molte delle aziende italiane, per lo più piccole e medie, operano in un contesto economico sfidante, caratterizzato da concorrenza internazionale e margini di profitto ridotti. Questi nuovi oneri fiscali potrebbero limitare la loro capacità di crescita e sviluppo, con conseguenze negative per l'intero ecosistema digitale. La pressione fiscale ulteriore non solo scoraggerà gli investimenti in innovazione, ma avrà un effetto a catena sull'intero ecosistema digitale. L'intera filiera, dalle imprese di comunicazione e marketing a quelle che collaborano con clienti esteri, subirebbe un aumento dei costi e questo si tradurrebbe inevitabilmente in un incremento dei prezzi per i consumatori finali, riducendo la convenienza dei servizi online e rallentando la crescita del commercio elettronico. Le piccole e medie imprese, che rappresentano il cuore pulsante dell'economia italiana, potrebbero trovarsi a dover affrontare costi insostenibili, riducendo così la loro capacità di crescita e sviluppo”.

"Tassare in modo aggressivo il settore digitale non favorirà la crescita economica del Paese. Il rischio di doppie imposizioni e la conseguente fuga di imprese all'estero rappresentano motivi di preoccupazione. È cruciale che i policy maker comprendano che, aumentando il gettito fiscale, si sta anche soffocando un settore che potrebbe contribuire in modo significativo alla ripresa economica del Paese. L'Italia deve adottare una strategia che favorisca la digitalizzazione, piuttosto che penalizzarla”, dice Roberto Liscia, Presidente di Netcomm

Un sistema di tassazione basato sui profitti e l’adozione di una fiscalità “channel neutral”

Una possibile alternativa alla Web Tax potrebbe essere quella di adottare un sistema di tassazione basato sui profitti anziché sui ricavi, dice l’organismo. “Questo garantirebbe una maggiore equità, tenendo conto della reale capacità economica delle imprese, evitando di penalizzare le realtà in fase di crescita o con margini ridotti. Inoltre, si potrebbe prevedere una fiscalità ‘channel neutral’, cioè neutrale tra i diversi canali di vendita, fisico e digitale, per evitare che un settore venga penalizzato rispetto all'altro”. 

Netcomm auspica dunque che il governo riveda le sue politiche fiscali, considerando soluzioni più eque e favorevoli per il settore digitale. 

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