di Alessandra La Rosa

Google Topics è utile per il mercato? Il parere degli operatori

Ecco cosa pensano della nuova soluzione di Big G per il targeting cookieless Mario Varriale di Havas Media Group, Davide Corcione di Adform, Paolo Caldara di Evolution Adv, Andrea Radaelli di Connexia ed Enrico Ciampini di LiveRamp

La scorsa settimana il mercato della pubblicità digitale è stato scosso da un annuncio che ha sparigliato le carte del futuro cookieless: il lancio da parte di Google di “Topics”, un nuovo sistema per la pubblicità basata sugli interessi degli utenti, che andrà a sostituire le FLoC ("Federated Learning of Cohorts"), come alternativa di Big G all’utilizzo dei cookie su Chrome.


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Al di là della sorpresa di questo lancio, cosa ne pensa il mercato di questa nuova soluzione? I nuovi Topics saranno uno strumento utile al mercato? L’approccio di Google riuscirà a porre le basi per un futuro cookieless che medi efficacemente tra privacy e performance? Lo abbiamo chiesto ad alcuni operatori del mondo della pubblicità. Dopo aver coinvolto Enrico Quaroni di Fanplayr, Sara Buluggiu di Magnite, Alfonso Mariniello di Xandr, Rohini Sen di Quantcast e Mathieu Roche di ID5 (qui i loro pareri), ecco cosa ci hanno risposto Mario Varriale, Product & Tech Director di Havas Media Group, Davide Corcione, Country Manager di Adform Italia, Paolo Caldara, Head of Programmatic di Evolution Adv, Andrea Radaelli, Managing Partner dell’area Digital Media di Connexia ed Enrico Ciampini, Partnership Director Addressability Italy di LiveRamp.

Google Topics: cosa ne pensa Mario Varriale di Havas Media Group

Mario Varriale

«Google ha fatto leva su un argomento legittimo e universale, la privacy dell’utente, per annunciare a partire dal 2022, poi a furor di popolo prorogato al 2023, lo “spegnimento” dei cookie di terza parte su Chrome (il browser che domina il mercato). Sarebbe una mossa filantropica e rispettosa del consumatore, se Google avesse bisogno dei cookies per profilare gli utenti. In realtà sono informazioni di cui si nutre l’intero mercato, ma non Big G, perché Mountain View ha informazioni di gran lunga più ricche, precise e persistenti sugli utenti, che provengono da altre fonti proprietarie, una su tutte il login di Gmail (che domina il mercato delle email). Gli effetti sulla industry di questa mossa possono essere devastanti, se sei fuori dal “walled garden”. Pensate che in questi giorni, solo per il riallineamento del banner di consenso alla profilazione alla normativa e-privacy, gli editori hanno “perso” dal 15% al 30% dell’inventory. E il 30% del mercato è già cookieless da un paio d’anni (Safari, Firefox, ad-blockers)».

«Quando ho letto della soluzione di Topics come risposta alle proteste del Mercato e delle Autority su FLoC, ho pensato alla frase attribuita alla regina Maria Antonietta che, rivolta al popolo in protesta perché sconvolto dalla fame, diceva “se non hanno più pane, che mangino brioche”… Pensare che la soluzione alla questione possa essere un algoritmo semplificato rispetto a FLoC, che, se installato sul sito, sceglie a caso tre argomenti d’interesse per l’utente e li condivide con il partner pubblicitario, sembra un approccio che nel migliore dei casi sposta il problema, ma non lo risolve».

Google Topics: cosa ne pensa Davide Corcione di Adform Italia

Davide Corcione

«Ci troviamo nuovamente di fronte ad una proposta incompleta e che tende a trascurare i principi dell’Open Internet. Per imporre nuovi standard al mercato è necessario un controllo significativo di utenti e una soluzione che sia tecnicamente valida per tutte le parti in gioco. Google ha fatto il passo più lungo della gamba annunciando prima di volere procedere alla deprecazione dei cookie di terze parti senza avere una soluzione pronta per publisher e advertiser. Con l’abbandono di Floc Google ha preso atto della difficoltà di implementare una soluzione improvvisata quando ci sono delle regole da rispettare come ad esempio la GDPR in Europa. Topics, la nuova soluzione proposta, non è altro che il vecchio Behavioural Targeting di 15 anni fa, utilizzato ad esempio da Yahoo, con la differenza che ci saranno poche categorie, con durata di 3 settimane solamente, e che sarà browser based quindi l’utente potrà scegliere dove non vuole essere incluso. Sembrerebbe poco interessante per gli advertiser abituati a fare 1to1 marketing con i tool di programmatic di oggi. Oltretutto sarà una soluzione valida solo su Chrome e non su Safari e altri browser. Quindi perché questa strada? Si potrebbe pensare che l’intenzione, neanche troppo velata, sia spingere gli advertiser verso i walled garden. Infatti, per fare 1to1 marketing sarà necessario passare da un walled garden come Google stesso o tramite gli altri player con il controllo dei dati degli utenti (Facebook e Amazon in primis). A meno di non trovare una soluzione alternativa. Adform sta già proponendo una soluzione multi first party id, il nostro ID Fusion, con cui offrire una soluzione alternativa ai Walled Garden post third party cookie. Ci auguriamo che altri player propongano soluzioni alternative e che l’Open Internet possa avere un futuro». 

«Chiudo citando le parole di Jochen Schlosser, nostro Chief Tecnology Officer in Adform: “Sembra che Google stia creando due mondi. Da una parte c’è Sandbox, dove si concentra il targeting anonimo e dove gli inserzionisti rincorrono clic e vendite cercando di non destare le ire dei responsabili della protezione dei dati delle varie nazioni. Dall’altra abbiamo tutto un mondo chiuso costruito su dati personali qualitativi e tassonomie approfondite, quindi non solo basate su interessi generici, da offrire ai grandi advertiser. Potrebbe sembrare che Google sia interessato solo ad avere dei vantaggi competitivi sul mercato. Oggi i publisher possono offrire agli investitori spazi per la loro pubblicità sulla base di cookie di terze parti. Ma domani o si disporrà di un identity engine, come quello di Adform, che può funzionare con tutti i diversi ID di prima parte oppure ci si dovrà limitare a lavorare con i dati degli utenti loggati sulle proprie property”».

Google Topics: cosa ne pensa Paolo Caldara di Evolution Adv

Paolo Caldara

«Il nuovo approccio al targeting di Google nasce dalle ceneri di FLoC, si basa sulla rilevazione dei nostri interessi in base alla navigazione e li suddivide in Argomenti (appunto Topics). A differenza di FLoC non coinvolge il concetto di "coorti" di utenti che condividono comportamenti comuni e non utilizzerà categorie sensibili come razza o genere. La memorizzazione delle informazioni, come per FloC sarà sempre locale, tramite browser. Si configura quindi come risposta alle critiche in fatto di privacy alle precedenti soluzioni e fornirà agli utenti un controllo e una trasparenza di gran lunga maggiori rispetto a quello che è attualmente lo standard dei cookie. Sembra comunque che l’approccio di queste grandi aziende differisca a seconda che ci si trovi all’interno o meno di quelli che vengono definiti Walled Gardens. Chi già oggi è in possesso di moltissimi dati di login tende a renderli utilizzabili solo sulle proprie piattaforme mentre all’esterno l’attuale modello sembra più simile ad un “contestuale intelligente”».

«Topics è una soluzione sicuramente da approfondire e testare dai diversi attori per capire meglio l’impatto in termini di redditività. Sarà molto importante prestare attenzione alla possibile concentrazione del mercato delle informazioni e dei dati personali senza però mascherarci dietro alla promessa di una maggiore privacy. Siamo sicuri che la maggiore privacy promessa non si traduca poi in meno pubblicità personalizzata e magari lontana dai nostri reali interessi? E in questo caso non corriamo il rischio di peggiorare il fenomeno della concentrazione dei budget a discapito delle aziende di minore dimensione che comunque costituiscono il cuore pulsante del digital advertising italiano? Perché invece non adottare soluzioni che tengano conto di identificatori, sempre nel rispetto della privacy, che possano essere utilizzati da attori anche diversi da quelli che oggi definiamo OTT? In questo modo si potrebbe cercare di ridistribuire gli investimenti in maniera forse più equilibrata ai diversi attori della filiera».

Google Topics: cosa ne pensa Andrea Redaelli di Connexia

Andrea Redaelli

«Da alcuni mesi Google lavora a Privacy Sandbox, progetto che punta ad allineare Big G alle direttive che inibiranno l'utilizzo dei cookie per tracciare l'attività degli utenti. La prima soluzione proposta è stata FLoC (Federated Learning of Cohorts), che si basa sulla raccolta da parte del browser di informazioni che classificano anonimamente un utente all'interno di gruppi (i coorti) con gli stessi interessi. Il sistema, sulla carta, è interessante ma, proprio per come è strutturato, potenzialmente permetterebbe di individuare con maggiore facilità specifici gruppi di utenti, motivo per cui al momento non è stato accolto troppo positivamente dalla industry. Google, ovviamente, sta cercando di sviluppare il prima possibile la soluzione che possa posizionarlo come 'first in class' sul tema, al contrario di altri player, come Apple e Microsoft, che hanno dichiarato apertamente di preferire una posizione più cauta, per poter meglio valutare l'evoluzione della tematica. Topics non si discosta molto da FLoC: l’obiettivo è quello di individuare interessi/argomenti dell'utente (Topics) attraverso la sua navigazione tramite browser. Quest'ultimo andrà a costruire delle categorie di interesse – food, travel, fashion e così via – in base ai dati della cronologia di navigazione, creando un profilo di argomenti rilevanti per l'utente su cui verranno personalizzati gli annunci pubblicitari presenti sui siti visitati.  Rispetto all’utilità per la industry, ovviamente non ci sono dubbi: l'orientamento resta quello di continuare a profilare l'utente per posizionare la creatività giusta nel miglior contesto possibile. Ritengo, tuttavia, che questa soluzione possa presentare dei limiti, trasformando i browser in vere e proprie tecnologie di profilazione». 

Google Topics: cosa ne pensa Enrico Ciampini di LiveRamp

Enrico Ciampini

«Google arriva ultima dopo le scelte già attuate dagli altri browser e questo crea una situazione di disallineamento e incertezza alimentata ancora di più dai cambi della data di definitiva dismissione dei cookies di terza parte. In ogni caso sappiamo che i cookie di terza parte sono destinati alla rottamazione e l'approccio di Google, prima con FLoC e adesso con Topics è di una soluzione contestuale, basata su segmenti standardizzati, trasversale rispetto ai publisher. Penso che una soluzione di questo genere, prima di essere valutata per la sua utilità, debba rispondere alle stesse obiezioni che FLoC aveva sollevato nella industry, rispetto al tracciamento e alla protezione dei dati da una parte, e all'accessibilità per gli altri player dell'ecosistema dall'altra. Non ho dubbi che al mercato e agli editori in particolare serviranno strumenti diversi per massimizzare le revenue nel mondo post cookies, il contextual è uno di questi, ma credo che l'opportunità che deriva dalla creazione di audience addressable è quella più appetibile per intercettare il costante bisogno dei brand di connettersi con i propri interlocutori, non più soltanto nei Walled Gardens».

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