Abbiamo già esaminato in maniera approfondita il tema della maturità digitale in questa rubrica, sia dal punto di vista dell’intera strategia digital che dal lato tech.
Oggi, con la stessa logica, intendo affrontare la tematica della SEO, ovvero il posizionamento organico sui motori di ricerca, per inquadrarla correttamente in una strategia di marketing in grado di portare valore reale e misurabile all’azienda.
Infatti, perché la trasformazione digitale possa dirsi compiuta, qualsiasi canale, strumento, tattica o tecnologia utilizzata, deve integrarsi in un progetto onnicomprensivo volto al raggiungimento degli obiettivi del business.
Ma, prima di addentrarci nel mondo della SEO, vediamo qualche numero, importante per capire come e dove si sta andando:
Nonostante la SEO sia un “dinosauro” del web e non faccia più tanta notizia (perché nata con il web 1.0) ancora oggi molte aziende faticano a comprendere come estrarre valore dalle infinite opportunità che si celano nei motori di ricerca e, soprattutto, ad inquadrare il posizionamento organico nell’ambito di un piano di marketing a 360° (che magari tenga anche conto del mondo reale o, meglio ancora, della realtà Phigital).
Da mesi le uniche notizie collegate al mondo SEO riguardano l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale per creare contenuti in grado di scalare le pagine dei risultati di Google e per automatizzare processi (risparmiando sui costi di copy).
Per carità la tecnologia è interessantissima e va sicuramente studiata e utilizzata per migliorare processi e risultati, ma focalizzare la discussione solo sul cosa e non sul come e perché svia il mondo del business dalle finalità reali per cui bisogna creare una strategia SEO vincente per portare valore al proprio brand.
Ahimè siamo ancora fermi ad un approccio in voga all’inizio degli anni 2000 quando gli esperti in materia SEO erano considerati degli stregoni in grado di ingannare i motori di ricerca utilizzando formule magiche o trucchetti e mezzucci veloci.
Fortunatamente molti bravi professionisti (Taverniti in primis) da tempo cercano di sfatare questo mito dannoso per il mondo della SEO e delle aziende che non sfruttano pienamente il tesoro nascosto nei motori di ricerca.
Il posizionamento organico, ovvero la visibilità “gratuita” in arrivo da Google e gli altri motori, va inquadrato in un contesto molto più ampio e, soprattutto, vanno studiate e sfruttate tutte le possibilità offerte dagli ecosistemi in cui i motori si sono trasformati prima dell’inizio di qualsiasi attività SEO.
Certamente intercettare visite interessate (tante o poche che siano a seconda del mercato o della nicchia) è un obiettivo che deve far gola ad imprenditori e manager avveduti. Ma senza uno studio preliminare degli obiettivi, della concorrenza, delle buyer personas, del buyer’s journey, una strategia local o phygital, un progetto integrato SEO SEM, un piano di misurazione e di KPI lungimiranti, l’attività del SEO ha poco valore.
Il posizionamento utile e il valore della SEO
Detta in altre parole, il bravo team SEO non è quello che porta milioni di visitatori al tuo sito, ma quello che porta potenziali contatti interessanti in grado di essere convertiti in contratti o comunque in obiettivi misurabili per il tuo business (se poi fossero milioni ancora meglio).
Lo stesso bravo team SEO è anche in grado di garantirti il posizionamento utile, ovvero la miglior strategia di posizionamento complessivo per il tuo business, compatibilmente con il tuo investimento e la forza dei tuoi competitor.
La visibilità, il ranking e le visite al sito possono rivelarsi dati insignificanti. Il volume dei fatturati, dei risparmi o delle economie generate grazie alla SEO sono obiettivi reali “evoluti” degni di un’azienda digitalmente matura.
Logicamente se il business model non funziona, l’offerta non è congrua, il flusso d’acquisto è mal studiato, l’esperienza utente è deludente o le recensioni online sono pessime, il SEO non può fare molto più di assicurare le visite. Anche in questo caso però entra in gioco la professionalità della squadra: il compito di un team SEO è anche quello di monitorare ed evidenziare tutte le problematiche connesse alla conversione ed alla qualità del traffico. Da tempo, l’attività di search engine optimization non si riduce a escogitare mezzi o trucchetti, ma si fonda su piani, analisi, contenuti e competenze a 360°.
Cosa vuol dire “traffico utile”?
Intercettare visite resta, naturalmente, il prius logico del nostro lavoro: una buona attività SEO garantisce una vetrina sulla Fifth Avenue e assicura migliaia, se non milioni, di visite interessate ogni anno, 365 giorni l’anno.
Ma, per passare da traffico a traffico utile, serve uno step ulteriore.
La domanda che l’azienda deve porsi è: Il traffico “converte”, ovvero porta valore (in termini di lead generation, contratti, opportunità concrete o awareness)?
In altre parole, l’utente che arriva dalle SERP (le pagine dei motori di ricerca) fa l’azione che dovrebbe fare secondo il mio piano di misurazione (es. clicca sul banner, acquista, passa abbastanza tempo sul mio contenuto o fa l’azione richiesta dopo aver letto il contenuto)?
Se l’utente non fa quello che vorrei facesse, il traffico non è utile ed anche il mio posizionamento, oltre che essere infruttuoso, è a rischio. Poiché Google ha a disposizione milioni di opportunità per conoscere il comportamento degli utenti online, una scarsa interazione col contenuto non è certo un buon segnale di ranking.
Le cause che portano all’insuccesso della strategia SEO possono essere:
- un posizionamento per keyword e topic non interessanti per l’ attività;
- pagine di atterraggio scadenti. In questo caso la responsabilità potrebbe attribuirsi ad un problema di design dell'esperienza utente e/o di copywriting persuasivo. È, quindi, importante ricordare che la grafica, il layout, i tempi di caricamento, il copy, le immagini e le call-to-action giocano un ruolo importantissimo per il tasso di conversione.
Per semplificare: mi capita spessissimo di vedere contenuti che attraggono centinaia di migliaia di visitatori l’anno (alcuni milioni) per parole chiave e concetti semantici in target con il business che non “monetizzano” a sufficienza le opportunità create.
Ecco quelli che sono gli errori più comuni:
- blog post ottimamente posizionati e rispondenti a specifici intenti di ricerca che non rinviano alla pagine dell’e-commerce o al modulo di vendita online;
- pagine prodotto dell’e-commerce in cui è resa difficile l’esperienza di acquisto;
- landing di lead generation in cui non sono presenti call to action chiare e specifiche;
- mancanza di form per richiedere la mail o form che richiedono troppe informazioni;
- landing di servizi ed attività professionali che non richiedono neanche il rilascio della mail.
Come estrarre valore dal posizionamento
Per fare del ranking sulle SERP il migliore alleato del brand occorre fare uno step ulteriore. Questo passaggio successivo è in carico all’azienda che deve comprendere e sfruttare al meglio il valore della SEO.
Concludiamo questa riflessione fornendo alcuni spunti sulle principali domande che manager ed imprenditori devono porsi per generare valore dal posizionamento organico acquisito:
- c’è un modo per convertire meglio il traffico rispetto a quanto stiamo facendo?
- può una chatbot o l’inserimento di un recapito Whatsapp o Telegram o un numero telefonico aiutare a convertire di più?
- posso cercare di indirizzare il mio traffico su altre sezioni del mio business digitale?
- posso creare più lead con quello che ho a disposizione?
- posso ideare dei sistemi o meccanismi che mi aiutino a riportare le visite provenienti dalle SERP più e più volte sul mio sito, indipendentemente da una nuova ricerca?