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Content Creation

Silvio De Rossi
a cura di Silvio De Rossi

Content Creator e Influencer, collabora con i più importanti Brand del panorama automotive e non solo. Founder di Stylology.it, nel suo passato Televideo Rai e Mediavideo, i veri antenati di internet. E’ stato responsabile editoriale di Blogosfere.it, partecipando al successo del network di blog più grande d’Italia. In seguito è stato direttore responsabile di Leonardo.it. Si occupa di produzioni foto e video con particolare attenzione ai format più adatti ai social network.

05/04/2023

Dal Digital Divide al ban di ChatGPT: dove stiamo andando?

Il ban di ChatGPT in Italia è sulla bocca di tutti. Quali sviluppi futuri? Difficile capirlo: più semplice analizzare lo stato attuale del digital divide nel nostro Paese. Perché senza strumenti adeguati, è complesso combattere l’analfabetismo digitale

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É un momento davvero difficile per chi vuole parlare di social network. Vorrei fare un discorso sulla decisione del Garante della Privacy di chiudere ChatGPT, ma la situazione è ancora impossibile da comprendere. Posso al massimo scrivere che al momento in Italia non puoi usarlo, ma fare ipotesi su sviluppi e sblocco della situazione è impossibile. Vorrei parlare dell’importanza di concedere agli artisti italiani di utilizzare la propria musica su Instagram, ma attendo di capire meglio le intenzioni della SIAE. Sempre che le cifre richieste a Meta non siano reali, perché sarebbe impossibile ipotizzare un accordo futuro.

L’unica cosa certa è che viviamo in un Paese che ha fondamenta forgiate nell’analfabetismo digitale. Ho provato a parlare di ChatGPT e privacy con diverse persone, ma non è semplice farlo, perché nel nostro Paese sono tantissime le persone che non sanno assolutamente nulla di internet, web, social e quindi di Intelligenza Artificiale. Ma questa ignoranza è dovuta agli strumenti che possiedono e alla scarsa cultura digital del nostro Paese.

Siamo un popolo ormai abituato a leggere i titoli delle news condivise su Facebook e non andare quasi mai in profondità per comprendere meglio cosa stia succedendo. E di conseguenza, cosa stia davvero accadendo anche a noi e alla nostra quotidianità.

A evidenziare il digital divide italiano sono i numeri. E i numeri parlano chiaro. La situazione attuale vede l’utilizzo di internet da parte dell’80,2% della popolazione italiana (dati raccolti nel Rapporto sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 dell'ONU) ed è evidente come il tasso di penetrazione sia inferiore a quello della media europea (UE27), pari all'87% (dati Eurostat su persone di età compresa tra 16 e 74 anni). La percentuale è in crescita (+3,8% rispetto al 2020), ma dimostra il ritardo del nostro Paese rispetto alla Comunità Europea.

Prima di mettermi a scrivere ho cercato anche dei dati sulla banda larga fissa in Ue: l’adozione complessiva si attesta sul 78%, mentre in Italia raggiunge solo
il 66%. Ancora più bassa la penetrazione delle reti ad altissima capacità: 44% contro il 70% europeo (dati Uncem), anche se per dovere di cronaca è giusto riportare anche i numeri Eurostat recentemente resi pubblici, che danno la diffusione della banda larga in Italia all'84% contro l'85% europeo.

Per chiudere il cerchio è giusto dare un’occhiata anche alla velocità di Internet in Italia. Grazie al sito Speedtest gestito da Ookla Italia (grazie Google, che mi permetti di trovare news e articoli utili per le mie ricerche, ndr) scopriamo che nel nostro Paese la velocità di download è pari, in media, a 112 megabit per secondo (Mbps). In upload, la velocità per inviare dati, la media scende a 56 Mbps. Questo dimostra la posizione negativa dell’Italia, rispetto al resto dei Paesi europei. Il Paese leader è l’Islanda con 206 Mbps, mentre subito dopo ci sono Svizzera e Francia con 202 Mbps. Sopra i 150 Mbps ci sono anche Danimarca (186), Romania (180), Spagna (176), Liechtenstein (168), Lussemburgo (166), Ungheria (165), Portogallo (160), Norvegia (155), Paesi bassi (151), Polonia (151) e Svezia (151). 

Insomma, il digital divide del nostro Paese è chiaro ed evidente. E passa sostanzialmente dagli strumenti che abbiamo. Senza un’auto veloce non hai chances di vincere un Gran Premio. Allo stesso modo, senza una rete veloce e affidabile è molto difficile che l’analfabetismo digitale possa scendere e allinearsi ai numeri degli altri Stati. Non ci resta che aspettare. Nel frattempo sono usciti numeri interessanti in merito al mercato italiano dell’Internet of Things, che continua la sua corsa: +13% rispetto al 2021, raggiungendo 8,3 miliardi di euro, nonostante i problemi legati alla carenza di semiconduttori e di materie prime, oltre all’instabilità economica e politica della guerra in Ucraina. Ma questa è un’altra storia. Ne parlerò prossimamente, nella speranza di poter di nuovo usare ChatGPT e mettere le canzoni di Sanremo nelle mie Storie di Instagram.

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