Dalle parole ai fatti. Dopo aver più volte annunciato l’intenzione di non voler più partecipare a TER, il Tavolo Editori Radio, ora la Rai ha ufficializzato l’uscita dalla ricerca sugli ascolti radiofonici a partire dal 2024. “Con la sua storia, quasi centenaria, il suo marchio e il suo prestigio, Radio Rai deve essere garanzia di affidabilità e trasparenza”, ha detto Flavio Mucciante, Vicedirettore vicario di Radio Rai, in un’intervista al periodico di settore Newslinet. “Non possiamo dunque continuare a garantire con la nostra presenza al Tavolo la qualità di un’indagine che presenta troppe criticità”.
Nel mirino di Viale Mazzini la metodologia Cati, le interviste telefoniche basate sul ricordo, la formulazione del questionario, che può durare più di mezz’ora, le tempistiche di diffusione (oltre sei mesi per conoscere il risultato di un programma) fino all’elaborazione dei dati, che arrivano a produrre improvvisi exploit o cadute repentine. Solo per fare un esempio, dice ancora Mucciante, “in pochi mesi si è passati dai 34 milioni scarsi di ascoltatori, su base nazionale, del 2° semestre 2022 fino a sfiorare i 37 milioni nel trimestre mobile marzo-maggio 2023”.
Una nuova governance e una nuova metodologia di rilevazione
Un’altra questione sul tavolo è la governance di TER che esclude alcuni protagonisti del mercato. È dunque necessario, secondo la Rai, adottare al più presto la soluzione indicata da AgCom con il cosiddetto modello “Joint Industry Committees”. Solo così si potrà “realizzare un’indagine in grado di rappresentare tutti i diversi aspetti del mondo radiofonico: editoriali, tecnologici, pubblicitari”. In sintesi, un modello che preveda una ricerca commissionata da tutte le parti interessate: editori, concessionarie e agenzie di pubblicità, inserzionisti con propri rappresentanti nel comitato tecnico.
Oggi la governance della società Tavolo Editori Radio è un cosiddetto Moc (Media Owner Committees), nel quale sono rappresentate solo le radio iscritte e non il mercato nel suo complesso. Ma a questo punto, avverte Mucciante, il solo cambiamento di governance non è sufficiente. “Al modello JIC dovrà essere affiancata anche una nuova metodologia di rilevazione. Nessun restyling di facciata, nessuna Ter in versione bis”. Poi la replica al presidente di Ter Federico Silvestri, che si era chiesto polemicamente perché la Rai non si facesse motore del cambiamento dall’interno. “Quello che Silvestri non dice è che lo statuto societario di Ter fissa all’80% la soglia dei voti necessari per l’approvazione di qualsiasi delibera: una quota così alta da rendere quasi impossibile qualsiasi processo di innovazione”.
Il modello proposto dalla Rai
Qual è, allora, il modello di ricerca, proposto da Rai, per rilevare gli ascolti radiofonici? Per trovare esempi virtuosi non bisogna guardare troppo lontano, secondo il responsabile di Radio Rai. “Contrariamente a quanto fatto da Ter, durante la sospensione dell’indagine a causa del Coronavirus, Rajar, l'indagine ufficiale che rileva gli ascolti di ben 340 emittenti in Gran Bretagna, ha sfruttato quel periodo per avviare una profonda revisione della ricerca con nuovi sviluppi metodologici”. Dalla fine del 2021 l’indagine ha ampliato le fonti, includendo per la prima volta un panel con la tecnologia MediaCell, insieme alle interviste personali con l’obiettivo di intercettare l’ascolto sia dai diari sia dai dispositivi mobili. Una metodologia definita nel Regno Unito “flessibile e avanzata, che fornisce una maggiore stabilità e sicurezza per i futuri sondaggi, ottimizzando le risorse e creando una solida base per lo sviluppo futuro”.
Per l’Italia, conclude Mucciante, “la soluzione potrebbe essere, in un primo tempo, il meter più le interviste telefoniche con i continui e necessari aggiornamenti, in linea con la progressiva evoluzione dello scenario dei media”.