In principio è stato Facebook (o forse MSN Messenger?), poi siamo passati a YouTube, Instagram, Snapchat fino alla clamorosa new entry TikTok.
L'ex musical.ly (sapete tutti che musical.ly è diventato TikTok vero..?) è una vera e propria potenza. Conta ormai 2 miliardi di download e 800 milioni di utenti attivi, è sempre più utilizzata dagli under 25 e non accenna a fermarsi. Sembra essere una rivoluzione epocale, soprattutto vista con gli occhi della GenZ che con Facebook e YouTube ci è nata (2004/2005) mentre con Instagram ci è cresciuta.
Eppure una rivoluzione non è, perché sappiamo bene che quando subentra un nuovo fattore in grado di modificare lo status quo, i social network si adattano di conseguenza tra modifiche, aggiornamenti e nascita di nuove piattaforme. Che questi fattori siano tecnologici o creativi, possiamo constatarne facilmente gli effetti: ad esempio le IG Stories create da Instagram dopo il successo di Snapchat o i recenti Reels (sempre di Instagram) per avvicinarsi ai contenuti presenti su TikTok.
E se la prossima rivoluzione non fosse dettata da un'innovazione tecnica o dal colpo di genio di qualche imprenditore digitale?
Se la prossima app dei GenZini arrivasse da una decisione di politica internazionale?
Eh sì, perché il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ritiene che il trattamento dei dati degli utenti su TikTok sia poco chiaro e questo costituirebbe una minaccia per la sicurezza nazionale. Perciò il tycoon ha lanciato un ultimatum alla cinese ByteDance (l'azienda tech sviluppatrice) imponendo il 15 settembre come data obbligatoria entro la quale cedere ad una società americana la gestione dell’app per quanto riguarda i mercati americano, canadese, australiano e neozelandese.
Tutto qui? Certo che no! Il Presidente ha fatto molto di più, si è decisamente "sporcato le mani" entrando nell'arena dei social pensati per la GenZ per dare un messaggio forte e mostrare un'alternativa a TikTok tutta made in USA. Stiamo parlando di Triller, la risposta americana su cui Donald Trump è sbarcato con un proprio account ufficiale il 16 agosto pubblicando il primo video.
Nel momento esatto in cui sto battendo sui tasti per scrivere questo articolo, 31 agosto alle ore 11:03, i follower che ha ottenuto sono già 950.8K.
Se ci pensiamo un attimo sono:
- quasi un milione di utenti
- in circa di due settimane
- ottenuti con pochi mini-video (appena 11)
- contenuti a sfondo politico-elettorale (non proprio in target GenZ, anche se adattati un po’ al contesto)
- il video di esordio ha più di 53.5 milioni di riproduzioni
- Donald sicuramente si è fatto notare
- davvero niente male.
Poco prima della decisione della Casa Bianca, anche l’India aveva bloccato TikTok e altre 58 app cinesi per questioni legate alla privacy.
La reazione è stata un’impennata di download per Triller perché, come sappiamo bene, la GenZ ha bisogno di esprimersi, divertirsi e guardare i propri idoli.
La nuova piattaforma americana di video sharing non è neonata; la sua prima versione risale al 2015 e ha continuato ad aggiornarsi e crescere lentamente “all’ombra di TikTok”, ma stavolta potrebbe essere giunto il suo momento grazie alla presa di posizione del Presidente USA.
Eh sì perché a luglio è stata l’app più scaricata in 50 paesi, Italia compresa (e me compreso) raggiungendo i 250 milioni di download. Siamo lontani dai 2 miliardi della rivale cinese certo, ma il gap si va assottigliando con il passaggio di influencer, content creator e di conseguenza utenti.
Altra conseguenza di questa forte presa di posizione è arrivata il 27 agosto con le dimissioni di Kevin Mayer, il “neo assunto” CEO di TikTok, in conseguenza delle restrizioni imposte dall’amministrazione Trump. Altro duro colpo per ByteDance che annuncia un’immediata rappresaglia legale. Intanto mentre in terra americana si prepara una cordata per la potenziale acquisizione dell’app (forse Walmart-Microsoft?), Pechino fa la propria contromossa e sembrerebbe aver varato una legge per impedire la vendita senza l’autorizzazione del governo cinese.
Uno scontro tra titani dunque, ma in tutto questo abbiamo milioni di ragazzi, per la maggior parte tra i 13 e 25 anni, che potrebbero aver già iniziato una “migrazione social” dettata dalle scelte di politica internazionale e sicurezza nazionale (americana).
Assisteremo all’esodo generazionale della Generazione Z?