Negli ultimi anni, la smart TV è diventata il punto d’incontro tra mondo broadcast e digitale. Non è più soltanto uno schermo che riceve un segnale, ma una piattaforma connessa che integra contenuti live, streaming, interattività e pubblicità data-driven. In questo nuovo ecosistema, parlare di copertura e immersività significa parlare di esperienza totale.
Lo spunto per queste mie riflessioni l’ho preso durante l’Advanced TV Conference, l'appuntamento targato UPA ed Engage di qualche giorno fa. Spesso mi sono detto: “La tv è morta”. Ma non è così. E adesso provo a spiegare perché mi sbagliavo.
Dalla copertura alla connessione
La televisione lineare resta ancora oggi il mezzo con la maggiore capacità di coprire ampie fasce di popolazione in poco tempo. È il linguaggio della massa, dell’evento, della diretta. Ma la copertura da sola non basta più. La nuova metrica è la connessione: quanto un contenuto riesce a generare attenzione e conversazione nel digitale.
Il “second screen” - smartphone o tablet - diventa l’estensione naturale dello schermo principale. Si guarda la TV e, contemporaneamente, si commenta, si cerca, si interagisce. È un gesto quotidiano per le nuove generazioni.
Live TV + Second Screen: un ecosistema complementare
Il rapporto tra televisione lineare e digitale non è competitivo, ma sinergico.
- Il live crea l’evento e la partecipazione collettiva.
- Il digitale prolunga la vita del contenuto, ne amplifica l’impatto e lo trasforma in conversazione.
I grandi show, lo sport, i talent sono esempi perfetti: il momento in diretta diventa l’innesco, ma la narrazione continua su TikTok, Instagram o YouTube. Le piattaforme non rubano attenzione: la redistribuiscono.
Giovani lontani, ma ancora raggiungibili
Le nuove generazioni hanno ridotto drasticamente il tempo davanti alla TV tradizionale.
- Secondo Dentsu, il 75% della Gen Z non guarda la live TV ogni giorno.
- Nel Regno Unito, solo il 55% dichiara di aver visto programmi broadcast in una settimana.
- In Italia, la TV interessa appena il 45% della Gen Z, contro il 47% di YouTube.
Eppure, non è disinteresse: è migrazione di esperienza. I giovani non vogliono essere spettatori, ma partecipanti. E le piattaforme connesse - smart TV, tablet, smartphone - stanno diventando il modo con cui guardano la televisione anche senza possederne una.
Il ruolo dei dispositivi mobili
Lo smartphone e il tablet sono ormai veri e propri schermi televisivi personali. Secondo Censis, oltre 7 milioni di italiani guardano online programmi che stanno andando in onda sulla TV lineare, e 4,2 milioni lo fanno da smartphone. Il report Behind the Screens 2025 conferma che alle 21:00 l’uso del cellulare cresce del +28%, mentre il consumo televisivo aumenta del +22%: è il momento d’oro del second screen. In questo contesto, il mobile non è un nemico della TV, ma un ponte: permette di estendere la copertura e costruire esperienze immersive anche fuori dal salotto.
Gli over 65: la base del vecchio modello
Se le nuove generazioni migrano, è l’over 65 a tenere in vita il modello tradizionale. Programmi generalisti, talk show e varietà continuano a ottenere ascolti significativi grazie a un pubblico fedele e meno propenso a cambiare abitudini. È un equilibrio precario: questi format resistono solo perché sostenuti da una fascia demografica che, da sola, non può garantire il futuro della televisione.
Verso una nuova immersività
Il futuro non è più “tra schermi”, ma attraverso gli schermi. La convergenza tra lineare e digitale porta a un nuovo modo di vivere il contenuto: integrato, personalizzato, relazionale. La vera immersività non è tecnologica, ma umana: saper costruire esperienze che abbracciano l’attenzione, ovunque essa si trovi.
La sfida non è più essere visti, ma essere seguiti. La televisione non ha perso potere: ha cambiato pelle. Oggi, la vera copertura è quella che abbraccia l’attenzione delle persone, qualunque sia lo schermo che decidono di guardare.