La pandemia e il Covid sono ancora una grande realtà in tutto il mondo, ma l’attenzione ora è rivolta al conflitto tra Russia e Ucraina. Le prime esplosioni a Kiev sono datate 24 febbraio: non è mio il compito di commentare una guerra, ma credo possa essere utile a tutti capire come un evento tragico può colpire fortemente l’economia del territorio ucraino, della Russia e di conseguenza del mondo intero. Provo a spiegare meglio, cercando anche di puntare l’attenzione sul nostro Paese.
La guerra probabilmente porterà l’inflazione al 6% e il PIL dovrebbe subire un colpo negativo dell’1%, se non superiore (fonte Centro Studi Unimpresa, ndr). Le ripercussioni principali si avranno sul prezzo delle materie prime (petrolio e gas su tutte) e su quello dell’energia. Aumenti si registreranno anche sul fronte di generi alimentari, come il grano, e andranno a causare un aumento dell’inflazione tra l’0,8% e l’1,8% se il conflitto durerà a lungo.
In Italia il decreto già varato dal governo, con lo scopo di tamponare l’aumento dei prezzi delle bollette energetiche, potrebbe così risultare del tutto insufficiente e inadatto ad affrontare il nuovo scenario che si sta presentando. Il costo di benzina e diesel di questi giorni sono la prova di come il sistema sia fortemente scosso.
Inutile nascondersi: la chiave di tutto è l’energia. L’Europa non ha (non l’ha mai avuta) una strategia comune e l’Italia, rispetto a paesi quali Germania e Francia, produce una quota molto bassa del proprio fabbisogno energetico. Questo rende il nostro Paese estremamente vulnerabile.
Allargando la visione al mondo del marketing e della pubblicità il terremoto in corso ha proporzioni mai viste prima. La Russia è stata esclusa dal circuito SWIFT, Paypal ha sospeso il servizio, Visa e Mastercard non funzionano più. Apple nega la vendita dei suoi prodotti dal sito (Apple Pay è offline) e un numero imprecisato di firme e brand hanno chiuso e-commerce e negozi fisici. Disney e altre case di produzione hanno bloccato le uscite dei propri film in Russia. Anche Microsoft e tutte le aziende di videogiochi hanno cominciato il loro personale “embargo”. Twitch, TikTok e OnlyFans hanno bloccato i pagamenti agli account russi. Ford, Toyota, Mercedes, BMW, Volkswagen e molti altri hanno interrotto la produzione e qualsiasi trattativa con il territorio russo. Potrei andare avanti per ore a elencare aziende che hanno risposto duramente all’attacco russo in terra ucraina. Putin ha replicato chiudendo Facebook e Twitter e monitorando internet per evitare fughe di notizie pro-Ucraina. Il governo russo ha spiegato che si sta cercando di tutelare l’informazione evitando la pubblicazione di “fake news”, che di “fake” oggettivamente hanno molto poco. A dirlo è Anonymous, con la sua personale sfida telematica lanciata proprio a Putin.
Solo il tempo ci dirà quali ripercussioni ci saranno. Anche nel mondo dello sport la situazione non è diversa: la finale di Champions League è stata spostata dalla Russia alla Francia, lo Schalke 04 ha eliminato la scritta Gazprom (azienda energetica russa) dalla propria divisa mentre gli inglesi del Manchester United hanno revocato il contratto con la compagnia aerea russa Aeroflot. Iniziative anche nel mondo della Formula 1, con la cancellazione del Gran Premio di Sochi, mentre la Federazione internazionale dello sci ha comunicato che tutti gli eventi in programma in Russia nel corso della stagione 2021-22 saranno cancellati o spostati in altra sede. L’obiettivo è isolare la Russia e spingere Putin a chiudere il conflitto nel più breve tempo possibile. Perché mentre parliamo di ripercussioni economiche muoiono delle persone. Ogni giorno che passa è una sconfitta. Di tutti.