Dopo i tribunali di Madrid e Amsterdam nell'ambito della vicenda MFE-Media For Europe, anche la Corte di Giustizia Europea si esprime a favore di Vivendi nella battaglia contro la Finivest. Secondo I giudici di Lussemburgo la legge Gasparri, nella parte che "impedisce a Vivendi di acquisire il 28% del capitale di Mediaset" in virtù della partecipazione in Tim è “contraria al diritto dell'Unione", e va quindi riscritta.
Una decisione, quella presa oggi dei togati europei, che può riaprire la scalata di Vivendi al capitale di Mediaset, ma che potrebbe al tempo stesso aprire al biscione le porte del settore delle telecomunicazioni, a partire dalla partita sulla rete unica in fibra.
La scalata Vivendi a Mediaset e l'intervento dell'AgCom
Nel 2017, la scalata di Vivendi a Mediaset l'aveva portata a sfiorare il 30% del capitale e la vicenda riempiva le pagine dei giornali. A stoppare le mire dell'azienda di Bolloré era intervenuta l'AgCom facendo leva sulla Tusmar (il Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici) della legge Gasparri, che vieta a qualsiasi società i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche, anche "tramite società controllate o collegate", siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di conseguire nel "sistema integrato delle comunicazioni" ricavi superiori al 10% di quelli del sistema medesimo in Italia.
Il pronunciamento dell'AgCom faceva leva sulle partecipazioni azionarie contemporaneamente detenute da Vivendi in Tim e Mediaset. Vivendi, a quel punto, vendette una quota del 19,9% a Simon Fiduciaria per adeguarsi alla normativa italiana, ma facendo ricorso sia al Tar del Lazio (che lo ha poi respinto) sia alla Corte di Giustia UE. Ricorso oggi accolto dalla corte europea, che ritiene la norma italiana “contraria al diritto dell'Unione" in tema di libertà si stabilimento.
“Le imprese operanti nel settore delle comunicazioni elettroniche, che esercitano un controllo sulla trasmissione dei contenuti, non esercitano necessariamente - secondo la corte europea - un controllo sulla produzione di tali contenuti". Nel caso specifico, le quote che Vivendi possedeva in Mediaset e continua a possedere in TIM, non erano in contrasto, secondo i giudici di Lussemburgo. Per la corte europea, la normativa italiana fissa soglie che "non consentendo di determinare se e in quale misura un’impresa possa effettivamente influire sul contenuto dei media, non presentano un nesso con il rischio che corre il pluralismo dei media”.
La risposta di Mediaset
Immediata la risposta di Mediaset, che pur prendendo atto della decisione della corte UE evidenzia come l'eventuale superamento della legge Gasparri potrebbe aprire alla stessa società di Cologno nuove opportunità di sviluppo.
"Se, al contrario di quanto prevede oggi la legge italiana, si aprissero possibilità di convergenza tra i leader delle Tlc e dell’editoria televisiva, Mediaset che in tutti questi anni è stata vincolata e penalizzata dal divieto valuterà con il massimo interesse ogni nuova opportunità in materia di business Tlc già a partire dai recenti sviluppi di sistema sulla rete unica nazionale in fibra".