Durante il lockdown gli italiani hanno riscoperto il rapporto con il cibo
Un’indagine promossa da Citynews mette evidenzia questo fenomeno, notando anche la richiesta degli italiani di una maggiore attenzione della politica UE a sostegno degli agricoltori
Un’indagine promossa dal Gruppo Editoriale Citynews nell’ambito del progetto AgriFoodToday Multimedia e realizzata dall’Istituto Demopolis, fotografa vissuti e tendenze dell’opinione pubblica italiana nella delicata fase della progressiva ripresa delle attività produttive e della mobilità dopo le settimane di lockdown imposte dall’emergenza causata dal Covid-19.
Il sondaggio, condotto su un campione di 3.000 intervistati, nasce con l’obiettivo di verificare i livelli di conoscenza e le sensibilità dei consumatori italiani in merito alle peculiarità e agli obiettivi della Politica Agricola Comune (PAC), compresi i temi della sostenibilità ambientale, della produzione agroalimentare nell’economia europea, e l’attenzione dei consumatori alle produzioni e alle scelte alimentari di qualità. L’indagine si è concentrata innanzitutto sul ruolo dell’Unione Europea nel settore agricolo, sia nella risposta all’emergenza Covid-19, sia per quanto riguarda le sue politiche.
La pandemia ha modificato vissuti ed orizzonti percettivi dei cittadini, intervenendo con profondità sulla quotidianità del Paese, sulle preoccupazioni degli italiani, su convinzioni ed immaginari. Nel rispetto delle restrizioni e nelle limitazioni alla mobilità, gli italiani hanno riscoperto la centralità della funzione alimentare, dalla scelta, all’acquisto degli alimenti, fino alla preparazione dei cibi, e sono tornati a stimare il ruolo chiave del settore agroalimentare.
Dall’indagine Citynews-Demopolis emergono cambiamenti nelle abitudini alimentari delle famiglie nei giorni del lockdown, e si tratta in prevalenza di evoluzioni positive: il 44% dichiara di aver cucinato di più; il 31% rivela di aver evitato gli sprechi come mai in passato. Se 3 italiani su 10 confessano di aver mangiato troppo, un quarto degli intervistati dichiara di aver fatto maggiore attenzione alla qualità del cibo e di aver avuto un’alimentazione più regolare. Il 23% confessa di aver considerato maggiormente i costi, mentre il 13% dichiara una contrazione nell’acquisto di cibi freschi.
Quest’ultimo dato si connette strettamente ad una apprensione diffusasi fra i consumatori: che il Coronavirus possa trasmettersi per via alimentare. Ad escluderlo è solo il 66% del campione. Il segmento restante di opinione pubblica crede nella possibilità che gli alimenti siano veicolo patogeno (14%) o non ne esclude la pericolosità (20%). Il livello di rischio percepito dai consumatori varia fra le differenti categorie di cibi: frutta e verdura (23%) si assestano in cima alla graduatoria, seguiti dalla citazione dei prodotti freschi in genere (20%). Intorno al 10% di citazioni il pane, formaggi e salumi, la carne. Inferiore è il livello di pericolosità percepito del pesce, dei prodotti confezionati e dei gelati.
Per limitare i rischi di potenziale trasmissione per via alimentare, molti italiani hanno assunto precauzioni negli ultimi mesi: lavare con additivi i prodotti freschi (37%), non acquistare cibo già pronto ed eliminare i cibi crudi (33%). Il 9% confessa di aver scaldato in forno pane, pizza, focacce per disinfettarli. Il 7% si è costretto a consumare solo cibi confezionati.
In questo contesto, l’agroalimentare torna a rivelarsi chiave di volta delle comunità e potenziale agente di rilancio per l’Italia. Ma è diffusa anche la persuasione che – in una fase delicata come l’emergenza Covid-19 – le Istituzioni comunitarie debbano fare di più a supporto del comparto in Italia.
Ad alimentare questa convinzione anche la scarsa conoscenza delle misure effettivamente messe in campo dalla Commissione europea per sostenere l’agroalimentare e la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare: solo il 18% è a conoscenza delle linee guida dell’Ue che hanno consentito di mantenere i trasporti alimentari nel mercato europeo ed appena l’11% sa dell’esistenza dei cosiddetti “corridoi verdi” per la commercializzazione dei prodotti tra gli Stati Ue. Inoltre, solo 1 italiano su 10 ricorda le misure dirette a sostegno degli agricoltori e delle aree rurali, mentre citazioni inferiori ottengono gli strumenti eccezionali a supporto dei mercati (9%) e gli interventi di semplificazione burocratica e di flessibilità nell’erogazione dei pagamenti diretti (8%).
Del resto, oggi, solo il 43% dei cittadini dimostra di conoscere effettivamente che cosa si intenda per PAC. E ciò che è noto delle politiche comunitarie, negli ultimi mesi, è stato spesso percepito come insufficiente o difettoso, anche a causa delle fitte polemiche nel contesto politico italiano sull’efficacia degli strumenti anticrisi approntati dall’Ue.
Ma esistono antidoti alla sfiducia: ad esempio, valorizzare l’operatività della Pac che risulta ampiamente caldeggiata dai cittadini, soprattutto in ambiti di estrema sensibilità per l’opinione pubblica, come la sicurezza alimentare e la promozione della qualità a tavola. L’indagine condotta dall’Istituto Demopolis corrobora questo assunto. Il 72% degli intervistati richiede infatti che la Politica Agricola Comune si impegni a garantire maggiore salubrità dei cibi, presìdi le produzioni locali di qualità (65%), tuteli la sicurezza alimentare (60%).
Il sostegno economico, funzionale e strumentale al comparto è dimensione prioritaria per 1 intervistato su 2: si sollecita la rimozione delle complicazioni burocratiche (54%), la garanzia di prezzi ragionevoli per i prodotti (53%), fino alla promozione degli investimenti (52%) e dell’imprenditoria giovanile (49%), ed alla creazione di nuovi posti di lavoro legati all’agricoltura (48%).