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La guerra tra Russia e Ucraina ha scosso le menti del mondo occidentale, e sull’onda delle proteste che si stanno susseguendo in tantissimi Paesi contro l’invasione dell’Ucraina, e delle sanzioni – sempre più pesanti – che l’Europa e gli Stati Uniti stanno imponendo a Mosca, anche le big tech mondiali stanno facendo sentire la loro voce.
E, da un certo punto di vista, non poteva essere altrimenti, considerando l’enorme ruolo che oggi i social media rivestono nella diffusione di notizie ma anche, purtroppo, di propaganda e fake news. Sono state proprio le critiche seguite alla diffusione di contenuti filorussi sull’invasione ucraina ad avere spinto le grandi piattaforme media a prendere provvedimenti contro il governo di Mosca e i suoi canali di riferimento.
Le mosse di Facebook, Twitter e Google contro il Cremlino
Le prime sono state Meta (Facebook) e Twitter, che negli scorsi giorni hanno deciso di bloccare la monetizzazione dei media di stato russi. L’head of security policy di Facebook, Nathaniel Gleicher, ha annunciato che “sul social sarà proibito per i canali di stato russi fare campagne pubblicitarie o monetizzare sulla nostra piattaforma dappertutto nel mondo”. Il social limiterà anche l’accesso alle testate pro-Cremlino Russia Today e Sputnik, accusate di fornire disinformazione sull’invasione russa dell’Ucraina. Il manager ha aggiunto che Facebook e Instagram prenderanno anche provvedimenti per proteggere le identità degli utenti ucraini.
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Dal canto suo, Twitter ha annunciato: “Stiamo temporaneamente sospendendo la pubblicità in Ucraina e Russia per assicurare che informazioni importanti sulla sicurezza pubblica abbiano piena visibilità”. Il social di San Francisco metterà in atto anche una serie di mosse per “ridurre la diffusione di contenuti violenti” e prevenire l’acquisizione o manipolazione di account “vulnerabili e di alto profilo”, come quelli di giornalisti, attivisti, funzionari di governo e agenzie. Quanto alla visibilità e diffusione dei media di stato russi, Twitter ha annunciato che provvederà a segnalare i tweet che rilanciano link a media collegati al Cremlino. Lo farà utilizzando le etichette arancioni già adottate in passato per segnalare fake news sulla pandemia di Covid: adesso compariranno sui tweet contententi link a siti di media statali russi. Il social non inserirà questi post tra i suggeriti e impedirà che vengano visulizzati nella "ricerca principale".
Anche YouTube ha fatto sentire la sua voce. Oltre ad aver messo in pausa le possibilità di monetizzazione per un certo numero di canali, tra cui quelli considerati pro-Cremlino, la piattaforma ha anche bloccato i canali di RT e Sputnik in tutta Europa, con effetto immediato.
Limiti pubblicitari imposti anche da parte della capogruppo Google, che ha sospeso la monetizzazione dei media finanziati dal Cremlino sull’intera piattaforma. Questo significa che tali testate filogovernative non potranno più ricevere soldi dalle campagne pubblicitarie ospitate sui loro video e sui loro siti. “Prenderemo ulteriori provvedimenti se necessario”, ha dichiarato Big G in una nota.
Putin limita l’utilizzo di Facebook e Twitter all’interno della Russia
Dal canto suo, Putin sta progressivamente limitando l’utilizzo dei social come Facebook e Twitter all’interno del territorio russo. Il governo di Mosca accusa le piattaforme di violare diritti e libertà dei cittadini russi, censurando i media del Paese, ma è molto probabile che abbia anche paura delle notizie diffuse dal fronte ucraino, che proprio su quei social trovano spazio e diffusione al di là delle comunicazioni ufficiali del Cremlino, contribuendo a rinforzare la protesta interna.