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08/07/2024
di Caterina Varpi

L'influencer marketing evolve ed è sempre più dispendioso. Le attivazioni aumentano

I risultati del nuovo report di Onim

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L’influencer marketing in Italia è ancora in salute, ma si diversifica rispetto agli anni precedenti, soprattutto a causa delle problematiche connesse al budget: questo è il trend di base che emerge dalla nuova edizione del Report Brand & Marketer di Onim (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing), giunto alla sua quarta edizione e realizzato in collaborazione con 40Degrees.

“I risultati emersi nel report - dice Matteo Pogliani, founder dell’Onim e CEO di 40Degrees - ma ancor di più i confronti con le scorse edizioni, ci delineano e confermano il netto cambio del mercato in questi anni, figlio dell’evoluzione di influencer/creator/talent, delle stesse piattaforme, ma ancor di più delle abitudini degli utenti. Le attivazioni aumentano in modo importante, nonostante casi come quelli dei The Borderline e del Pandoro Gate, confermando la fiducia non solo dei brand, ma anche degli utenti relativamente a queste forme di sinergia aziende/creator. Un influencer marketing che, proprio per questa sua centralità, diventa sempre più dispendioso e, quindi, deve portare i diversi player di mercato ad una crescita importante sia nell’ottimizzare le risorse, anche e soprattutto grazie a una maggiore propensione agli insight, che nel rendersi più strategico, facendosi strumento anche lato conversione/vendita. Una maggiore 'concretezza' che, a mio avviso, sarà la reale sfida del prossimo futuro”.

L'importanza del budget e il crescente costo dei creator

Tra i cambiamenti più significativi rispetto agli scorsi anni, il report di Onim segnala la rilevanza del budget e l'impatto che questo ha su tutte le conseguenti scelte (numero attivazioni, tipologia, scelta creator). Un punto che deriva in primis dal crescente costo di creator/influencer, sempre più centrali e consapevoli del loro ruolo, e dall'impatto che questo ha sui budget comunicazione/marketing dei brand.

Budget che, con il 60,7%, è la principale motivazione di chi non ha attivato campagne con influencer e creator nel 2023 e maggiore limite/problematica (59,5%) per quei brand che, invece, ne hanno attivate. Non è casuale infatti che il 39,4% degli intervistati abbia investito tra il 10-30% del proprio budget marketing per attività di influencer marketing.

Una delle conseguenze più evidenti di ciò è il numero di attivazioni per brand che si riduce. Il 48,7% degli intervistati ha infatti realizzato tra 1 e 3 progetti nell’anno anche se resiste uno zoccolo duro di marchi (18,9%) che hanno un forte orientamento all’IM con oltre 10 progetti annuali sviluppati.

Uno scenario frammentato

Se il mercato continua a crescere (le attivazioni #ad nei primi 6 mesi del 2024 sono cresciute del 12% rispetto allo stesso periodo nel 2023), ne consegue che lo scenario sia maggiormente frammentato con, da un lato, nuovi attori che si affacciano e con progetti meno “bold” per numero e tipologia e, dall’altro, aziende storiche per attività di influencer marketing che hanno preferito ottimizzare il budget, magari riducendo il numero di progetti, ma mantenendone la rilevanza. Non a caso il 43,2% dei professionisti intervistati dichiara che il taglio medio dei progetti sia sotto 10.000 euro.

Al di là della progettualità, resta alto il livello di gradimento, con il 97,3% che si dichiara da soddisfatto a molto soddisfatto, dato confermato anche lato utenti con un +18,2% delle interazioni dei post sponsored in questi primi 6 mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

La selezione dell'influencer e la misurazione tra le principali criticità

Un mercato che, pare, anche per la questione budget, sempre più “affamato” di insight e di un approccio data-driven: non è infatti casuale che tra le maggiori criticità ci siano la selezione di creator/influencer e la misurazione. Ma a questa necessità non seguono azioni concrete, tanto che solo il 35,1% utilizza tool dedicati nella fase di scouting.

Tra gli obiettivi sale di importanza l'impatto sulle vendite

L'influencer marketing è sempre visto come strumento per l’upper funnel, ma che comincia, anche a causa degli investimenti necessari, a essere più concreto lato obiettivi. L’awareness resta il principale fine (70,3%) ma in calo rispetto all’anno precedente (81,8%), così come la volontà di aumentare l’engagement nei canali social (dal 45,5% al 29,7%), ma sale l'obiettivo di incentivare gli acquisti (dal 45,5% al 51,4%), cioè la parte più bassa del funnel. Un dato che si conferma anche guardando ai KPI solitamente più utilizzati per valutare i risultati di campagna: accanto ad engagement e audience raggiunta, inizia ad essere sempre più rilevante l’impatto sulle vendite.

Crescono TikTok e YouTube

A livello di canale assistiamo sì ad una conferma e crescita di piattaforme come YouTube e TikTok, ma soprattutto ad una conferma di Instagram come già evidenziato nei report mensili di Onim. Il 91,9% lo utilizza da spesso a molto spesso. Il report conferma anche come il buzz relativo ai nano/micro-influencer non sia così calato nel mercato. Se è vero che il 48,7% lavora con influencer/creator da 10 a 100mila follower, c’è un rilevante 40,5% di professionisti che operano con figure tra i 100mila follower e i 500mila follower.

Il mercato si conferma inoltre sempre più professionale. Ce lo dicono i dati relativi alla retribuzione degli influencer/creator: il 59,5% li paga da spesso a sempre e per lo più con compenso economico.

La sinergia con la pubblicità

Altro insight di rilievo è la sinergia sempre più forte tra influencer marketing e advertising. Una necessità sia per bilanciare il continuo calo della portata organica dei vari canali, ma anche per ottimizzare al massimo gli investimenti. Il 62,2% dichiara di utilizzare l’advertising a sostegno delle attivazioni da spesso a sempre con il 46,9% che dedica a questa attività dal 20% al 30% del budget di progetto.

Per la realizzazione del report sono stati intervistati 465 professionisti del settore.

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