Nel suo Entertainment & Media Outlook 2022-2026, Pwc ha calcolato che nel 2021 in Italia i ricavi delle piattaforme video over-the-top hanno raggiunto 1,205 miliardi di euro, di cui i 1,075 ad appannaggio dello Svod (i servizi a sottoscrizione come Netflix, Amazon Prime Video e Disney+). Un business, quelle delle piattaforme di video on demand, la cui crescita va di pari passo con le nuove abitudini di consumo di contenuti video, ma che trova un limite nella propensione delle famiglie all’apertura di nuovi abbonamenti.
Ecco allora che i colossi del settore tentano di dare l’assalto al mercato della pubblicità. Aprirà le danze Netflix con la partenza domani, 3 novembre, del nuovo piano “Base Pubblicità” a 5,49 euro al mese a fronte della presenza di spot prima e durante i contenuti. Ecco cosa sappiamo su questa novità, sicuramente di grande interesse per gli inserzionisti che puntano a raggiungere in un contesto “premium” target ormai distanti dalla tv tradizionale.
Quanta pubblicità ci sarà su Netflix?
Agli utenti che sottoscriveranno l’abbonamento “Base Pubblicità” saranno proposti spot da 15 o 30 secondo l’uno, categoricamente non skippabili, prima e anche durante i programmi (in gergo, pubblicità pre-roll e mid-roll) per complessivamente 4-5 minuti in media di interruzioni pubblicitarie per ogni ora di visione. Al momento, non sono previste tipologie diverse di formati pubblicitari (per esempio, banner o “lanner” che si sovrappongono al contenuto video). La durata di ogni break dovrebbe essere di 75 secondi, e dovrebbe essere possibile erogare solo uno spot per prodotto ogni ora e massimo tre al giorno per brand. Dal 2023 dovrebbe partire anche la possibilità di product placement e di sponsorizzazioni delle serie originali Netflix.
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Chi si occupa della vendita della pubblicità su Netflix?
In Italia, Netflix non ha una struttura interna per la vendita della pubblicità. A occuparsi della commercializzazione degli annunci nel nostro Paese sarà Microsoft e in particolare la sua controllata Xandr, che per Netflix riveste il doppio ruolo di partner tecnico e commerciale. Il team italiano di Xandr si è anche occupato di presentare l’offerta ai principali clienti e centri media nelle scorse settimane.
La pubblicità su Netflix sarà in Programmatic?
Benché gli annunci su Netflix saranno gestiti attraverso l’infrastruttura di Xandr, che si occupa a livello internazionale di Programmatic Advertising, almeno in questa fase la pubblicità verrà gestita in maniera piuttosto tradizionale, esclusivamente in reservation o in programmatic guaranteed e con possibilità di targettizzazione limitata: c’è solo la possibilità di legarsi al genere di interesse o ad una nazione in particolare. In partenza non dovrebbe essere possibile acquistare il posizionamento nel break, opzione che probabilmente partirà nel corso del 2023. Con ogni probabilità queste opzioni di personalizzazione verranno ampliate in futuro, ad esempio al targeting comportamentale e a quello socio-demo: a tal proposito la società ha dichiarato che la raccolta di dati su età e genere è già attiva ma non a fini di targeting pubblicitario, e che comunque, quando lo sarà in futuro, tali dati saranno usati da Microsoft solo all'interno di Netflix. Gli inserzionisti potranno anche evitare che le loro pubblicità appaiano su contenuti che potrebbero essere incoerenti con il loro brand (per esempio sesso, nudità o immagini violente).
Quanto costeranno gli spot su Netflix?
Netflix entra sul mercato pubblicitario come prodotto pubblicitario premium, e i prezzi delle inserzioni riflettono pienamente questo posizionamento. Se in USA si era parlato di cifre vicine a 65 dollari di CPM, più di quanto l’anno scorso costava uno spot al Super Bowl (56 dollari), in italia è circolata una stima che vede un CPM d’ingresso nell’ordine dei 38 euro, dato da prendere con le pinze che sottintende in ogni caso una cifra elevata. Per Federica Setti, Chief Research Officer di GroupM Italy, citata dal Sole 24 Ore “Sarà un ingresso a più fasi, perché per ora sono poche le informazioni e i dati a supporto per poter gestire e modellare l’investimento pubblicitario nel modo più efficace e efficiente possibile, ma con margini di crescita”. Attualmente, ha aggiunto la manager, “Netflix si posiziona come prodotto pubblicitario premium, con una inventory di qualità che punta a un pubblico adulto e di nicchia. La vera sfida sarà raccogliere il pubblico giovane e mantenere alto l’interesse dei grandi investitori pubblicitari di massa”.
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Chi potrà fare pubblicità su Netflix?
Visti i CPM decisamente elevati, in questa prima fase la pubblicità su Netflix non è per tutti. Per Stefano Visintainer, Research Director di OMG, “il CPM d’ingresso è decisamente importante, oltre 10 volte più alto di quello televisivo. Visti i pochi utenti raggiungibili nel primo mese di lancio, per un investitore è più una questione di esserci a livello di immagine che di un ritorno in altri termini”. Qualcosa potrebbe cambiare in futuro, con l’allargamento della platea di utenti raggiungibili ed eventualmente con una maggiore apertura all’acquisto in programmatic. Le stime di Netflix per il mercato italiano, citate da un'analisi interna di OMG, parlano di 50 mila utenti con pubblicità per il mese di debutto a novembre che dovrebbero salire già a 160 mila nel mese di dicembre, 500 mila per il primo trimestre 2023, per arrivare a 1,3 milioni nel terzo trimestre del 2023. A protezione degli utenti non sono previste sulla piattaforma pubblicità politiche, discriminatorie e su categorie sensibili come armi, articoli per il fumo o prodotti e servizi illegali.
Chi certifica gli ascolti su Netflix?
Per la verifica delle erogazioni degli annunci, nei primi mesi bisognerà affidarsi all’adserver di Xandr ma già nei primi mesi del 2023 saranno consentiti tracciamenti di terze parti, con l’entrata in vigore degli accordi già annunciati con le società specializzate IAS – Integral Ad Science e Doubleverify. Capitolo certificazione degli ascolti: In Italia gli OTT hanno iniziato a entrare in Auditel con Dazn, e in molti si attendono che Netflix possa fare presto lo stesso. Il primo Paese dove la piattaforma ha avviato una operazione di questo tipo è il Regno Unito, dove ha deciso infatti di diventare membro a pieno titolo di Barb, una nota agenzia di audience britannica. Secondo i dati preliminari di settembre, Netflix è utilizzato da due terzi del pubblico televisivo britannico ogni mese, e la piattaforma al momento rappresenta l'8% dell'audience tv del Regno Unito. Ciò colloca Netflix al di sopra di Channel 4, Channel 5 e di Sky. Per questo la maggior parte degli osservatori si attende che Netflix, ad ascolti certificati, possa essere un competitor agguerrito per le tv tradizionali sul fronte pubblicitario.
Quanto varrà il business della pubblicità per Netflix?
A mettere nero su bianco queste preoccupazioni è stata la Rai, la quale teme che Netflix possa drenare dalle casse della tv pubblica nel prossimo triennio una cifra che va da un minimo do 12 a un massimo di 65 milioni di euro in 3 anni, complici anche le nuove norme europee sugli affollamenti (recepite nel nostro ordinamento attraverso il Tusmar) che impongono alla tv pubblica una riduzione del tetto di pubblicità dal 7 al 6% orario. Ma oltre che con i principali operatori televisivi, Netflix potrebbe entrare in diretta competizione anche con le grandi piattaforme di video online, a partire da YouTube. In un post sui social Fabrizio Piscopo, tra i manager più esperti del settore della pubblicità televisiva, a.d. di Rai Pubblicità tra il 2012 al 2017, ha fornito una sua personale stima su quello che potrebbe valere la raccolta di Netflix, parlando di 70 milioni di euro nel 2025. Tutto questo in attesa che anche un altro colosso dello streaming apra alla pubblicità: a dicembre Disney+ lancerà negli USA il suo abbonamento ad-supported. In Italia arriverà nel 2023.