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29/05/2024
di Simone Freddi

Quando l'intelligenza artificiale diventa virale: il caso "All Eyes on Rafah"

Negli ultimi giorni un'immagine generata con l'intelligenza artificiale ha scosso i social media. Tuttavia, la popolarità di questa immagine ha sollevato polemiche sull'uso dell'intelligenza artificiale per raccontare eventi attuali

All Eyes On Rafah.jpg

"All eyes on Rafah". Uno slogan che sta dominando i feed di Instagram, grazie alla viralità di una immagine generata con l’intelligenza artificiale che in pochi giorni ha ottenuto oltre 40 milioni di condivisioni, catalizzando l'attenzione globale sulla situazione in Palestina. 

La foto raffigura una tendopoli nella città di Rafah, situata nella Striscia di Gaza, e mostra pacchi di aiuti umanitari che formano appiunto la scritta "All eyes on Rafah". A ideare l'immagine sarebbe stato un fotografo malese conosciuto online come Chaa, che ha creato l'immagine per sensibilizzare il mondo sul bombardamento israeliano del 27 maggio, che ha causato la morte di 45 sfollati, inclusi diversi bambini. Prima di questa creazione, Chaa aveva solo poche migliaia di follower su Instagram, ma grazie alla viralità dell'immagine, il suo seguito è schizzato oltre i 25 mila.

Tanti sono anche i personaggi noti che hanno contribuito alla popolarità dell’iniziativa. Tra le condivisioni più note ci sono quelle dei calciatori Rafael Leao e Marcos Thuram. Tuttavia, se da una parte è innegabile che l'immagine "All eyes on Rafah" abbia svolto un ruolo significativo nel portare l'attenzione del mondo sulle sofferenze del popolo palestinese in un momento di grave crisi, allo stesso tempo la viralità di questa immagine ha sollevato in rete non poche polemiche sull'uso dell'intelligenza artificiale per creare rappresentazioni di eventi attuali.

Molti osservatori, infatti, sottolineano che l'uso di immagini artificiali potrebbe distogliere l'attenzione dalle vere testimonianze visive, alimentando l'algoritmo dei social media a identificare come "virali" contenuti non autentici. C’è poi il tema del conformismo di questo tipo di partecipazione, definito "clicktivism": lo sforzo minimo di condividere un post o una storia, infatti, può essere visto come un modo superficiale di dimostrare supporto, senza un reale impegno attivo o comprensione approfondita della causa. A maggior ragione se la storia in questione è creata con l’AI con il preciso scopo di stimolare empatia.

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