Nella sezione "opinioni", Engage ospita articoli di approfondimento sui temi caldi della pubblicità online scritti da importanti esponenti dell'industria dell'advertising.
In questo contributo Cristian Coccia, Regional Vice President Southern Europe and MENA di PubMatic, ci parla dell’evoluzione della Connected TV e dell’importanza di standardizzazione e trasparenza quando si fa pubblicità su questo mezzo.
Nella maggior parte dei mercati europei, la Connected TV (CTV) si sta evolvendo dai VOD delle emittenti a una serie di servizi di streaming, canali FAST e piattaforme CTV pureplay. Mentre in passato i principali proprietari di contenuti, come Disney, Paramount, Warner Bros e Discovery, vendevano show e film in prima visione alle emittenti, ora si assicurano che i propri servizi di streaming, finanziati dalla pubblicità, diventino la casa di tali contenuti. Gli spettatori continueranno, di conseguenza, ad allontanarsi dalla TV lineare e gli inserzionisti avranno a disposizione sempre più opzioni per raggiungere le loro audience di riferimento.
Con questa vasta possibilità di scelta, l’acquisto di tipo programmatic è destinato a crescere vertiginosamente nella CTV, in quanto capace di offrire agli acquirenti un livello più elevato di integrazione dei dati, ottimizzazione e flessibilità. Essendo un canale relativamente nuovo, la CTV ha ancora molta strada da fare per risolvere le sfide legate a standardizzazione, misurazione, segnali di acquisto e frodi. Stiamo notando, tuttavia, che le piattaforme CTV native digitali e gli editori di medie dimensioni su CTV stanno iniziando ad affrontare queste criticità, con l’emergere di best practice.
Creare un media buying più trasparente
Per quanto riguarda il programmatic advertising, gli editori su CTV dispongono di un tesoro di dati sui contenuti. Sanno che i media buyer sarebbero più propensi a spendere se potessero accedere a dettagli specifici sui contenuti accanto ai quali saranno riprodotti i loro annunci. Tuttavia, si teme che ciò possa indurre gli acquirenti a scegliere inventory altamente specifiche piuttosto che adottare un approccio più ampio, con il rischio di ridurre i ricavi per gli editori.
Per far fronte a tale problematica, questi ultimi stanno adottando una politica di prezzi variabili per attribuire maggiore valore ai contenuti ‘prime’, una pratica comune sia nell’acquisto televisivo che online. Eventuali ‘premium price’ possono essere giustificati quando l’editore, nell’ambito del deal, mette a disposizione i propri dati sui contenuti nel processo di acquisto in programmatic.
Gli editori che desiderano concludere questo tipo di deal devono inoltre collaborare con partner di verifica indipendenti per la convalida dei contenuti venduti e utilizzare metriche di media buying universalmente approvate, come l’household ID. Con una tale trasparenza, i media buyer hanno la fiducia necessaria per pianificare e acquistare campagne CTV su scala. È importante notare che, quando si opera in questo modo, è fondamentale una conversazione bidirezionale tra editore e buyer per garantire che i criteri di misurazione siano concordati. Alcuni buyer potrebbero essere alla ricerca di una reach incrementale, mentre altri avere obiettivi di ‘footfall’ o di vendite online. Senza chiarezza sulle modalità di misurazione, nessuna delle parti sarà in grado di valutare appieno il successo della campagna.
Giocare di sponda con l’identity
Una delle insidie più comuni dal punto di vista degli editori è l’esitazione a condividere i dati di prima parte con gli acquirenti. Sebbene sia comprensibile, è difficile creare relazioni significative con i premium buyer senza tale condivisione, in quanto questi ultimi restano, in qualche modo, all’oscuro sulle audience che stanno acquistando. Utilizzando un modello di condivisione dei dati sicuro – ad esempio la tecnologia della data clean room - gli editori possono fornire ai media buyer le informazioni necessarie per targettizzare le audience di riferimento o aumentare i propri insight. Questo approccio collaborativo alla condivisione dei dati consente, inoltre, ai publisher di crescere imparando nuovi modi di operare con diversi identificatori.
Intensificare le misure anti-frode
Il costo elevato della pubblicità su CTV rende quest’ultima un’opportunità di guadagno facile per i truffatori, suscitando molta preoccupazione tra le agenzie e gli advertiser.
Gli editori che si danno da fare e si impegnano per ridurre le problematiche tecniche e quelle causate da attività fraudolente si guadagneranno la fiducia dei media buyer. Dovrebbero, in particolare, essere trasparenti in relazione a queste difficoltà e disposti a condividere dati e informazioni con team media e aziende. Se gli editori su CTV implementassero, ad esempio, l’Open Measurement SDK, si genererebbe nuova domanda in virtù di una trasparenza che creerebbe fiducia tra gli acquirenti.
Gli editori su CTV dispongono di un asset prezioso: contenuti di qualità che richiedono prezzi elevati. Per mantenere l’interesse dei media buyer, devono continuare ad affrontare le sfide in questo periodo di rapida crescita, contribuendo a creare standard e un mercato trasparente in grado di premiare partner validi.