Generative AI: come applicarla in azienda evitando rischi e insidie
Nella sezione "opinioni", Engage ospita articoli di approfondimento sui temi caldi del mondo del marketing scritti da importanti esponenti dell'industria del settore. In questo contributo Costanza Ghelfi, founder e COO ad-machina - Making Science Company si sofferma su un argomento di stretta attualità, la Generative AI, e ci spiega come le aziende possono utilizzarla evitando rischi e insidie
Mai uno strumento tecnologico è stato introdotto in modo così rapido come ChatGPT; nemmeno i social media più utilizzati hanno avuto la velocità di diffusione che sta conoscendo la generative AI.
Le potenzialità, in termini di scalabilità, di tool come quelli di OpenAI – che incorporano un chatbot conversazionale con un modello linguistico – sono davvero enormi. Già oggi la generative AI viene utilizzata in molti settori e non solo per la produzione di immagini e testi, ma anche per il design di prodotti e materiali o per la progettazione di farmaci, solo per fare alcuni esempi. Secondo una ricerca di Gartner, il 77% delle imprese più mature dal punto di vista digitale si orienta verso politiche AI-first quando prende decisioni, contro il 52% delle altre aziende: l’AI sta diventando un fattore imprescindibile per competere sul mercato e non perdere terreno rispetto a competitor più “avanzati”. Sempre secondo l’analisi della società di consulenza strategica americana, i manager aziendali in Europa prevedono che l'intelligenza artificiale nei prossimi cinque anni sarà la tecnologia in grado di “fare la differenza”, con un impatto diretto sulla crescita del fatturato.
Tra i timori diffusi collegati all’avvento dell’AI generativa figura anche lo scenario secondo cui l’intelligenza artificiale finirebbe con il produrre maggiore disoccupazione: anche in questo caso le proiezioni di Gartner, sui cui convergono anche molte altre analisi, prevedono che si andranno a definire nuovi ruoli necessari per applicare l’AI in azienda, mettendo le persone in condizione di lavorare in modo più efficace. È però evidente come per l’intelligenza artificiale sia indispensabile una governance, per aumentare la consapevolezza del rischio ed affrontare le questioni etiche. E il nuovo regolamento europeo in fase di discussione a Bruxelles va proprio in questa direzione.
La diffusione rapida dell’AI cui stiamo assistendo apre nuove straordinarie opportunità, ma non è esente da insidie. Le imprecisioni fattuali – o nei casi peggiori gli output completamente falsi – non sono sempre facilmente individuabili dal controllo “umano”. Informazioni distorte fornite in fase di addestramento possono inoltre portare a decisioni sbagliate: pensiamo ad esempio ai rischi connessi a un “allenamento” effettuato con dati non correttamente classificati o non equi sotto il profilo delle categorie rappresentate (età, genere, nazionalità...). Restano aperti anche alcuni nodi relativi alle violazioni del copyright: in alcuni casi infatti i risultati generati possono risultare molto vicini ai contenuti di opere protette da diritto d’autore.
Per “prevenire” questi rischi le aziende devono mettere in atto più strategie: è importante utilizzare dati di partenza “accurati”, adottare combinazioni di tecnologie diverse per garantire una maggiore affidabilità e assicurarsi di non condividere dati sensibili o proprietari. È necessario poi assicurarsi che i risultati ottenuti utilizzando la generative AI siano sempre riconoscibili.
Proprio in risposta ad alcuni dei limiti evidenziati, in Making Science abbiamo sviluppato e lanciato sul mercato Trust Generative AI, una piattaforma proprietaria che sfrutta il potenziale del tool di OpenAI, su cui si basano ChatGPT e altri modelli di generative AI integrandolo con i dati proprietari dell’azienda e restituendo così contenuti più precisi, utili e allineati all’azienda stessa, che mantiene il pieno controllo dei propri dati. La prima applicazione testata con successo è stata realizzata proprio in Italia, con un catalogo con 100 mila prodotti creato in pochi minuti per il marketplace riminese Ventis: le descrizioni sono risultate per il 95% allineate a quelle redatte dal dipartimento editoriale con un costo di circa 10 mila volte inferiore.
Di recente Google ha annunciato che nella seconda metà del 2023 metterà a disposizione degli advertisers tramite un chatbot i suoi modelli di generative AI, sia per la generazione di testi, sia per la generazione di immagini e video. Questa novità apre agli advertisers un universo di nuove possibilità per personalizzare e ridefinire l’esperienza degli utenti. L’impatto è evidente in particolare per gli advertiser che fino ad ora non disponevano di un team di designer, che potranno facilmente generare materiale di qualità con un immediato impatto sulla performance delle campagne pubblicitarie. Meno chiaro è invece come le grandi aziende potranno trarre vantaggio da questi modelli di generative AI. Gli interrogativi aperti sono diversi: come garantire il rispetto del tone of voice del brand e la veridicità dell’informazione, come applicare questi modelli su grande scala, come mantenere una comunicazione coordinata tra i diversi canali di advertising?
Per rispondere a queste necessità ad-machina, un’altra tecnologia avanzata al servizio del digital marketing lanciata sul mercato italiano da Making Science, integra i diversi modelli di generative AI disponibili (tra cui ovviamente quelli di OpenAI e Google), per permettere agli advertiser di scegliere il risultato che più si allinea alla loro linea comunicativa e applicarlo a tutti i canali di advertising in maniera coordinata ed efficiente. Collegando ad-machina al proprio catalogo prodotti inoltre l’advertiser potrà ottenere annunci estremamente personalizzati e rilevanti, assicurandosi che l’informazione sia sempre corretta e migliorando inoltre la performance delle campagne.