30/09/2021
di Andrea Di Domenico

Vincent Pelillo: “La rivoluzione cookieless è un’occasione per ridare impulso all’open internet”

Secondo il Presidente EU di Captify la deadline imposta da Google è secondaria rispetto al vero scopo dell’eliminazione dei cookie di terza parte: la privacy dell’utente. Lavorare e investire su nuove soluzioni di profilazione, in questo momento, permetterebbe di recuperare terreno sugli OTT

Vincent Pelillo

Internet sta cambiando i suoi meccanismi, e non c’è niente che possa fermare questa rivoluzione. Lo spostamento della deadline di Google - che renderà impossibile utilizzare i cookie di terza parte su Chrome dal 2023 - non cambia il concetto per cui alcuni browser già precedentemente hanno deciso di percorrere la stessa strada: garantire il maggior livello di privacy agli utenti.

Non è il momento dunque di sedersi ed aspettare, tirando un sospiro di sollievo e ri-affidandosi a tecnologie che presto saranno obsolete per inseguire risultati utili al breve termine, ma che potrebbero rivelarsi deficitari allargando la dimensione temporale. E' opinione comune che sia importante continuare a investire sulla dimensione cookieless per farsi trovare pronti a garantire all’utente il controllo e l’esperienza online che merita, aiutando l’intera industry a dare un nuovo impulso a ciò che per tanto tempo ha rappresentato il web: l’open internet. Insieme a Vincent Pelillo, Presidente EU di Captify, che già utilizza soluzioni cookieless capaci di intercettare le intenzioni di consumatori per formare segmenti azionabili in programmatic, abbiamo tracciato una panoramica della situazione.

Che impatto avrà sul mercato dell’advertising online l’eliminazione dei cookie di terza parte?

L’impatto del cookieless sul digital marketing e sull’advertising online sarà piuttosto profondo, perché impedirà a brand e agenzie di utilizzare le tradizionali tecnologie che sfruttano i dati di terza parte per costruire audience vaste e profilate a cui mostrare inserzioni rilevanti al momento giusto.

In generale, la risposta della industry si articola in tre strade: il contextual targeting, che sfrutta la pagina del sito in cui si trova l’utente per proporgli una creatività in relazione al contenuto, gli ID condivisi, ovvero insiemi di aziende che decidono di mettere a fattor comune il meccanismo di log-in dei propri siti per riconoscere l’utente in più tappe del proprio percorso online, e la soluzione proposta da Google, che sfrutta il browser Chrome per creare degli insiemi anonimizzati di utenti accomunati dai propri interessi. Se la soluzione legata al contesto è in grado di ottenere una reach soddisfacente a scapito della profilazione, quella legata agli ID offre un targeting preciso ma una scalabilità piuttosto limitata. FloC, la proposta di Google, è invece in fase di test in alcuni Stati, mentre in altri il periodo di prova è stato sospeso.

Ci sono poi soluzioni come il Machine Learning Model di Captify, in grado di raccogliere le ricerche effettuate dagli utenti sui siti internet in forma di dati di prima parte, grazie a integrazioni server to server con gli editori, a livello di URL, e aggiungere ad essi informazioni provenienti da fonti esterne in grado di processare gli ID degli utenti stessi. L’aggregazione a livello di URL permette di creare connessioni tra i contenuti, il contesto della pagina e la sua audience, abilitando attraverso il modello Machine Learning l’analisi di qualsiasi URL, anche al di fuori del network di publisher dell’azienda.

Alla fine di giugno Google ha annunciato lo spostamento della deadline, secondo cui Chrome rifiuterà l’utilizzo dei cookies di terza parte, dal 2022 al 2023. Come sta reagendo il mercato?

La notizia ha portato tranquillità in un clima molto teso. La industry stava lavorando a gran ritmo per arrivare al 2022 con soluzioni già operative al 100% e per educare i marketer al loro utilizzo. Bisogna però continuare ad investire, sviluppare alternative sempre più valide ed efficaci e formare gli addetti ai lavori a questa nuova dimensione dell’advertising online. Tirare il fiato e prendere tempo, restando fermi sul modus operandi attuale, sarebbe un errore che verrà scontato nel 2023. Questo è il momento adatto per ridare all’open internet un nuovo impulso, e per l’industry di recuperare terreno sugli OTT.

Che ruolo gioca l’attenzione alla privacy dei consumatori nella scelta dell’approccio con cui affrontare questa rivoluzione?

L’attenzione alla privacy degli utenti ha un ruolo chiave ed è di assoluta importanza. Sarebbe sbagliato considerare il 2022, ora 2023, come una deadline dettata da Google a tutto il mondo dell’advertising. Il senso della mossa di Google, che segue quella di Apple e Mozilla, è rimettere l’utente al centro. Quella che si sta presentando al mercato è una responsabilità collettiva alla quale non vogliamo sottrarci. Se vogliamo un sistema in cui l’advertising funzioni dobbiamo fare in modo che sia accettato dai destinatari finali. Secondo me, se si propone un’esperienza pubblicitaria che gode di una bassa considerazione degli utenti, il danno in confronto agli sforzi sostenuti per la costruzione di un brand è devastante.

Sarà possibile continuare a interpretare le intenzioni dei consumatori?

Il team è al centro degli sforzi della industry. Un contributo importante potrà venire dalla "Programmatic Search Intelligence", un territorio su cui ci muoviamo ormai da molto tempo. Consiste nella produzione di insight e segmenti attivabili in programmatic a partire dalle ricerche che gli utenti effettuano on-site nel portfolio dei 6 milioni di siti partner di Captify in tutto il mondo. A svolgere questo ruolo di raccolta ed elaborazione dati è il Search Intelligence Engine, che ha anche il compito fondamentale di mantenere costantemente aggiornati i segmenti. Un meccanismo che non utilizza cookie di terza parte ed è in grado di garantire performance misurabili.

Come si sta muovendo l’Italia in rapporto agli altri mercati in cui opera Captify?

Il mercato italiano si basa molto sulle performance e in questo contesto il cookieless fa più fatica ad essere accolto con favore. Sembra che il comparto abbia assorbito la notizia del posticipo della deadline di Google riducendo il senso di urgenza verso l’adozione di nuove soluzioni. L’inclinazione a continuare con i vecchi strumenti per lavorare a performance come si è sempre fatto potrebbe essere rischiosa perché - è innegabile - il flusso di informazioni in real time ha bisogno ancora di qualche accorgimento prima di entrare a pieno regime, ma è necessario lavorare tutti nella stessa direzione per farsi trovare pronti di fronte a una grande opportunità come questa.

scopri altri contenuti su

ARTICOLI CORRELATI